Se ve lo foste perso in tv, ecco il video del mio intervento a Geo, su Rai3, ospite in studio di Sveva Sagramola, per presentare le tante proposte di Ecofuturo Festivale il mio nuovo libro “La terra che salva la Terra“, scritto insieme all’amico Fabio Roggiolani, con tanti contributi importanti e la prefazione di Rattan Lal, Premio Nobel per la Pace con l’IPCC.
E’ con grande piacere che annuncio l’uscita, a breve, del mio nuovo libro “Sbagliando non si impara”, frutto di una riflessione che porto avanti da diversi anni e che ho voluto approfondire e sistematizzare – per poterla condividere con tutti – in questo saggio leggero ed ironico, che uscirà in gennaio per l’editriceEMI.
Ecco la quarta di copertina:
“Se fosse vero che sbagliando si impara, come ci hanno sempre ripetuto, dovremmo essere tutti perfetti!
Invece continuiamo a ripetere ogni giorno gli stessi errori, senza neppure troppa fantasia.
Questo accade perché in realtà è solo dai successi che nasce il cambiamento, a tutti i livelli: personale, sociale, culturale…
Questo libretto ci mostracome imparare a riconoscerli, crearli e replicarli.
Come farne insommauna regola nella nostra vita, anziché una eccezione.”
E questo è l’indice del libro, che è già tutto un programma:
1. Chi cerca non trova
2. Sbagliando non si impara
3. Sbagliare è umano, errare è divino
4. Chi fa da sé fa per sé
5. Tutti sono indispensabili, qualcuno è importante
6. Mogli e buoi dei paesi suoi
7. Mangia come parli
8. Peggio soli che ben accompagnati
9. Ambasciator porta pena
10. Prima il piacere, insieme al dovere
11. In salita tutti i Santi aiutano
12. Non perdere la bussola… o la mappa
13. Ognuno è perfetto
14. Ricordati che devi sbagliare!
15. Chi non cerca trova
Nelle prossime settimane pubblicherò anche qualche estratto…
Si tratta di un manuale per una formazione attiva e ludica nel quale, sotto forma di schede, sono raccolti tanti strumenti che in questi anni, insieme ad alcuni colleghi di Kaleidos, abbiamo affinato nella formazione con gli adulti, specialmente con animatori, educatori, insegnanti e genitori.
I temi trattati sono la creatività, la comunicazione, la diversità e le relazioni.
Abbiamo scelto di pubblicarlo con “Produzioni dal basso“, perché ci ha colpito il sistema di co-produzione che utilizza.
Sostenere il progetto è semplice: basta registrarsi sul sito, quindi andare sul nostro progetto e cliccare “sostieni”, indicando il numero di copie desiderate e i propri dati.
Non ci sono vincoli e non occorre pagare nulla on-line (è un sito anche eticamente molto serio); per ora è semplicemente un sostegno al nostro libro/progetto.
Una volta raggiunte le 300 copie/quote il progetto si compierà e verrà stampato il libro. Abbiamo 57 giorni di tempo per arrivare a 300 copie e solo allora chi ha effettuato una prenotazione riceverà le proprie copie e potrà pagarle (in vari modi).
Il libro costa 9 euro e i diritti d’autore saranno devoluti in beneficienza. Nel volume saranno ringraziati tutti i nostri amici sostenitori!
Avevate mai pensato di poter diventare dei produttori editoriali?
E’ appena uscito il volume “Ripartire“, al quale io ho dato un mio piccolo contributo di riflessione.
Si tratta di un progetto promosso dall’Associazione “Frontiere”, per festeggiare i due anni di attività del web magazine Frontiere News, una realtà nata con lo scopo di raccontare le sfide, le sconfitte e le vittorie dell’Italia interculturale del terzo millennio.
Con più di 120 collaboratori in tutto il mondo, il magazine dà voce a coloro che il cambiamento lo vivono in prima persona, contestualizzandolo in una cornice mondiale di sfide per i diritti fondamentali e per l’integrazione tra i popoli.
Frontiere non è solo web: nel 2011 ha sostenuto i migranti di Lampedusa insieme alla onlus Coevema, ed è partner di progetti di scambi culturali finanziati dall’Ue in Polonia.
Il libro racconta le storie di persone che hanno trovato nella solidarietà, nella cultura e nella riscoperta dell’alterità le chiavi per ripartire, nonostante le crisi globali; emozioni e riflessioni di alcuni tra i più validi intellettuali del panorama internazionale dell’interculturalità; racconti di esperienze in prima linea nella guerra all’indifferenza.
Il progetto ospita contributi del vignettista Vauro, del portavoce di Amnesty Italia Riccardo Noury, di Stas’ Gawronski, Enrico Fontana, Luca Bauccio e tanti altri.
Che si trovi in una Gaza sotto assedio o tra gli indios dell’Ecuador, nei gelidi e affollati moli notturni di Lampedusa o in una metropoli australiana, il vero protagonista di questo volume è l’essere umano, con la sua infinita ricerca di sé e con l’esigenza innata di superare i limiti imposti dalle circostanze.
Il 10% del prezzo di copertina sarà devoluto per sostenere le battaglie per i diritti umani che Amnesty Italia porterà avanti nel corso del 2013. E’ anche disponibile una versione eBook.
Esattamente 63 anni fa, il 10 dicembre 1948, veniva firmata a Parigi la Dichiarazione universale dei Diritti umani, un documento la cui redazione fu promossa dalle Nazioni Unite, appena nate, perché avesse applicazione in tutti gli stati membri.
Da allora molti passi avanti sono stati fatti, ma il cammino per la piena realizzazione di questa Dichiarazione, come sappiamo, è ancora lungo e richiede un impegno da parte di ciascuno di noi.
Per ricordare questo storico evento, vorrei oggi condividere una breve riflessione tratta dal mio libro “Non è vero che tutto va peggio“, scritto insieme a Jacopo Fo:
“Si è molto discusso in questi anni sull’universalità dei diritti umani, sostenendo che essa sarebbe solo presunta poiché essi sarebbero viziati alla nascita e non esprimerebbero che la visione di una sola cultura, quella “occidentale”.
Io non condivido questo dubbio perché ritengo che i diritti umani vengano ancora prima del livello culturale; essi rappresentano molto semplicemente i più elementari “bisogni” dell’uomo, e sono dunque validi a qualunque latitudine egli si trovi e in qualunque epoca egli viva.
Credo che questa riflessione di Umberto Eco possa risultare illuminante al riguardo:
“Siamo animali a postura eretta, per cui è faticoso rimanere a lungo a testa in giù, e pertanto abbiamo una nozione comune dell’alto e del basso, tenendo a privilegiare il primo sul secondo. Parimenti abbiamo nozioni di destra e di sinistra, dello star fermi o del camminare, dello star ritti o sdraiati, dello strisciare o del saltare, della veglia e del sonno. Siccome abbiamo degli arti, sappiamo tutti cosa significhi battere una materia resistente, penetrare una sostanza molle o liquida, spappolare, tamburellare, pestare, prendere a calci, forse anche danzare. La lista potrebbe durare a lungo, e comprende il vedere, l’udire, mangiare o bere, ingurgitare o espellere. E certamente ogni uomo ha nozioni su cosa significhi percepire, ricordare, avvertire desiderio, paura, tristezza o sollievo, piacere o dolore, ed emettere suoni che esprimano questi sentimenti. Pertanto (e già si entra nella sfera del diritto) si hanno concezioni universali circa la costrizione: non si desidera che qualcuno ci impedisca di parlare, vedere, ascoltare, dormire, ingurgitare o espellere, andare dove vogliamo; soffriamo che qualcuno ci leghi o ci costringa in segregazione, ci percuota, ferisca o uccida, ci assoggetti a torture fisiche o psichiche che diminuiscano o annullino la nostra capacità di pensare. Dobbiamo anzitutto rispettare i diritti della corporalità altrui, tra i quali anche il diritto di parlare e pensare. Se i nostri simili avessero rispettato questi ‘diritti del corpo’ non avremmo avuto la Strage degli Innocenti, i cristiani nel circo, la notte di San Bartolomeo, il rogo per gli eretici, i campi di sterminio, la censura, i bambini in miniera, gli stupri della Bosnia”. (Umberto Eco, In Che cosa crede chi non crede?, Atlantide Editoriale, Roma 1996; ora in Cinque scritti morali, Bompiani, Milano 1997.)
Ma anche facendo un’analisi antropologico-culturale, che vada al di là dei più banali stereotipi sulle diverse culture, scopriamo che i loro valori di fondo sono sempre gli stessi.
Quella che segue è la conferma che l’etica laica di cui parla Umberto Eco, alla base dei diritti umani, è patrimonio comune di tutti i popoli!
Buddhismo (Udanavarga 5, V,18) Non offendete gli altri con quello che offende pure voi.
Cristianesimo (Matteo 7,12) Tutto quello che volete che gli altri facciano a voi, fatelo voi a loro: questa è la Legge ed i Profeti.
Confucianesimo (Analecta XV,23) Vi è qualche massima che si dovrebbe applicare per tutta la vita? Certamente, la massima della gentilezza amorevole che consiste di non fare agli altri quello che non si vorrebbe venisse fatto a voi
Ebraismo (Talmud) Ciò che offende voi non fatelo al vostro prossimo. Questa regola riassume tutta la “Torah”.
Induismo (Mahabharata V,1517) Quest’è il dovere: non fare agli altri quello che se fosse fatto a te, ti darebbe dispiacere.
Islamismo (Detti di Maometto) Nessuno è un vero credente fino a quando non desidera per il suo prossimo quello che desidera per sé stesso.
Jainismo (Jogashastra II,20) Nella felicità e nella sofferenza, nella gioia e nel dolore dobbiamo considerare tutte le creature come consideriamo noi stessi, dobbiamo perciò astenerci dall’infliggere agli altri qualsiasi offesa che sarebbe indesiderabile se fosse inflitta a noi stessi.
Sikhismo (Kabir) Come consideri te stesso, così considera gli altri.
Taoismo (T’ai shan kan Ying p’ien) Considera il guadagno del tuo prossimo come fosse il tuo guadagno e considera la perdita del tuo prossimo come fosse la tua perdita.
Zoroastrismo(Dadistan-i-dinik XCIV,5) Solo quella natura è buona che non restituisce agli altri quello che non fa piacere a lei stessa.
Questo tuttavia non significa che dalle varie culture non possano venire contributi anche significativi, complementari alla Dichiarazione dei Diritti dell’Onu.
Un esempio molto interessante è rappresentato dalla Carta Africana dei Diritti dei Popoli, che porta l’attenzione anche sui diritti collettivi, oltre che su quelli dell’individuo e che può dare per questo un’importante contributo non solo a livello del continente ma dell’intero pianeta, dinanzi alle sfide globali che esso si trova ad affrontare, come – ad esempio –la questione dell’acqua come diritto.”
Il libro, edito da Agra editrice, è il frutto di un viaggio iniziato il 28 agosto e terminato il 25 settembre, dal Trentino alla Sicilia, e riporta circa quaranta storie di chi ha scelto di investire in agricoltura senza trascurare il “valore di legame” con le proprie comunità di appartenenza.
Gli autori Angela Galasso, Francesca Durastanti, Giuseppe Orefice, Margherita Rizzuto e Silvia Paolini, sono cinque tecnici che da anni si occupano di agricoltura civica e di didattica in ambito rurale su tutto il territorio nazionale.
Il libro raccoglie, inoltre, i contributi di alcune personalità che in modi diversi hanno sostenuto il progetto: Francesco Di Iacovo, Saverio Senni, Carlo Hausmann, Andrea Segrè, Roberto Burdese, Michele Dotti, Marco Boschini, Francesco Mele, Gregorio Arena e Jacopo Fo.
Tante storie anche di giovani agricoltori come “Contadini per Passione”, agrumicoltori di Ribera (AG) che hanno realizzato il sogno di poter rimanere in Sicilia e attraverso il web riuscire a veicolare le loro arance, o “Madrenatura”, azienda campana, che ha fatto della vendita diretta “responsabile” la propria bandiera e la chiave del proprio successo.
O le tante storie di chi, senza cessare di essere agricoltore, offre servizi alla persona, come l’agrinido “Piccoli frutti” di Cremona inaugurato a settembre, o la giovane cooperativa piemontese “AgriCooPecetto” che promuove progetti formativi e inserimenti lavorativi di persone disabili, o ancora l’associazione “Il Giardino di Filippo” che realizza attività didattiche e riabilitative in un’azienda agricola utilizzando il contesto agricolo ed il cavallo.
Tante storie che gli autori raccontano riportando non solo motivazioni e valori, ma anche numeri ed elementi di successo affinché si possano generare effetti moltiplicatori e possa essere favorita la replicabilità di realtà virtuose.
Ecco un estratto dal contributo di Andrea Segrè (Preside Facoltà di Agraria Università di Bologna – Presidente Last Minute Market):
“Il viaggio che ha portato a questo libro – che è stato un po’ anche il mio idealmente – credo abbia dimostrato che le nostre azioni, anche se piccole, possono portare a un mondo nuovo.
Dobbiamo solo credere nel nostro ruolo di individui attivi nella società, fuggendo dalla passività e dal vuoto che ci circonda. Basta poco. Sarebbe sufficiente rinnegare la pervasiva cultura del consumo e del rifiuto che genera lo spreco di cui siamo circondati: di cibo e altri beni, ma soprattutto di relazioni.
Attraverso queste esperienze di agricoltura civica è possibile far vedere e riconoscere nuovamente il valore di legame, gli si ridà – appunto – valore, senza negare gli altri due – lo scambio e l’uso – in modo da rivoluzionare, veramente, il nostro sistema.
La speranza è che altri copino da queste esperienze: esse ci fanno vedere che la relazione civile esiste ancora e dimostrano che è possibile rendere l’economia più efficiente e anche più civile, proprio a partire dall’agricoltura e dai suoi buoni frutti. Ne ero sicuro, ne ho la conferma. Questo libro lo fa sapere a tutti.”