L’invasione dei primitivi

Io non sono razzista, però… come rivelano le loro lingue, a questi popoli manca totalmente l’inclinazione al progresso e alla modernità! 

Burkina Faso, il coraggio del cambiamento

Ho letto in queste settimane diverse analisi su quanto accaduto nel “paese degli uomini onesti” che ho trovato sinceramente un po’ semplificatorie e talvolta fuorvianti.

Mi rendo conto di come sia più facile presentare una lettura semplice e lineare della realtà, ma questo spesso non corrisponde alla reale complessità dei processi in atto.

Proviamo quindi a fare un po’ di chiarezza, per quanto ci è possibile.

bandiera-manifestanti-e1419255404269Ho letto che c’è stato un “golpe militare”. Non è affatto vero. Anzi, potremmo quasi dire che un golpe è stato sventato. Quello che è accaduto, infatti, è una sollevazione popolare di dimensioni oceaniche (oltre un milione di persone in una città – Ouagadougou- che ne conta due milioni) che ha portato in soli tre giorni al rovesciamento del regime di Blaise Compaorè, presidente del Burkina da 27 lunghi anni, da quando venne ucciso il grande Thomas Sankarà.

Approfondirò più avanti la straordinaria figura di Sankarà, perché ritengo che abbia giocato e stia tutt’ora giocando un ruolo decisivo negli avvenimenti di queste settimane.

Ma torniamo a noi. Dicevamo che Compaorè, non pago di 27 anni di governo, intendeva modificare (per la terza volta!) la Costituzione – precisamente l’articolo 37 – al fine di potersi ricandidare alla guida del Paese, potenzialmente ancora per 15 anni!

La società civile e i partiti dell’opposizione avevano più volte, nei mesi passati, ribadito la propria ferma contrarietà a questo disegno, assolutamente inascoltati.

Anche nel proprio campo, Blaise era stato invitato a rinunciare alla modifica costituzionale da numerosi leader i quali, vistisi inascoltati, avevano presentato le proprie dimissioni dal CDP (partito di Blaise Compaoré) e creato un proprio partito di opposizione: si tratta di Rock Marc Kaboré, vecchio presidente dell’Assemblea Nazionale, Salif Diallo e Simon Compaoré, vecchio sindaco di Ouagadougou. Il loro partito, chiamato Movimento del Popolo per il Progresso (MPP) ha destabilizzato il CDP per divenire la prima forza politica in Burkina, incarnando una speranza di cambiamento con un’adesione massiccia del popolo burkinabé e giocando un ruolo decisivo nell’insurrezione popolare che ha cacciato l’ormai ex-Presidente dal potere.

Giunti infatti a ridosso del voto in Parlamento che avrebbe legittimato lo scempio (43 anni al governo sarebbero stati un vero record, da Guinness dei Primati…) si è levata con forza la voce del popolo, in maniera sempre più massiccia e così le proteste che nelle settimane precedenti avevano contato poche migliaia di persone sono lievitate arrivando fino alle manifestazioni immense del 30 e 31 ottobre, di cui abbiamo tutti visto le immagini e i filmati.folla-oceanica-Ouaga

Blaise, probabilmente stupito da un simile astio da parte del suo popolo (dico stupito per il suo distacco dalla realtà quotidiana dei burkinabé), ha inizialmente atteso sperando che tutto passasse poi, al secondo giorno di manifestazioni oceaniche, ha accettato di ritirare la proposta di riforma costituzionale, ma a quel punto la piazza non si è più accontentata e ha preteso le sue dimissioni e un governo di transizione che guidasse il Paese verso libere elezioni democratiche.

Compaorè, cercando di arrampicarsi sugli specchi, ha a quel punto dichiarato di essere disponibile a dimettersi, ma solo dopo aver guidato la transizione. Ma ormai il tempo per il negoziato con il suo popolo era scaduto e le manifestazioni sono andate avanti sempre più intense anche per il terzo giorno consecutivo. Si è trattato, è bene dirlo, di proteste in larghissima parte pacifiche, anche se non è mancato qualche atto di violenza, specialmente verso le abitazioni dei parlamentari ritenuti rei di aver spogliato il proprio popolo arricchendosi personalmente a dismisura.

In realtà, al netto di alcuni tristi episodi di saccheggio che purtroppo si ripresentano regolarmente in questi casi, le violenze sono state circoscritte a qualche centinaio di manifestanti, su oltre un milione di persone scese in strada, ma quando l’assalto è giunto al palazzo del Parlamento e poi ha puntato deciso verso il Palazzo Presidenziale, è risultato evidente che i militari si erano schierati con il popolo. Sulle ragioni di questo si può congetturare a lungo. Certo sarebbe difficile immaginare di reprimere con la forza una simile massa umana. Ma probabilmente c’è anche dell’altro che vorrei ora provare a inquadrare.

Quello che è sicuro è che i 21 morti e i 307 feriti negli scontri sono state vittime dei mercenari stranieri (per lo più togolesi) assoldati da Compaorè nella Guardia Presidenziale. Già il fatto che un Presidente non si fidi dei militari del proprio Paese la dice lunga… ma del resto lui, memore di com’era andato al potere, preferiva essere prudente al riguardo!

I militari non hanno sostanzialmente posto resistenza ai manifestanti, lasciandoli praticamente passare ad ogni posto di blocco. “Noi ci rifiutiamo di sparare sui nostri fratelli” è la posizione che molti di loro hanno espresso apertamente.


Continua a leggere l’articolo sul sito “FrontiereNews”…

Lingua mooré: a scuola di vita…

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“In Africa quando muore un anziano brucia una biblioteca”  ..

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Amadou Hampâté Bâ  ..

 


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Forse molti conoscono questa celebre frase di Hampâté Bâ, un grande poeta del Malì, che riassume splendidamente l’importanza dell’oralità nelle culture africane.

La parola infatti è tutto nella comunità di villaggio!

 

E’ attraverso la parola che si prendono le decisioni comuni e si trasmette tutto il sapere antico, le conoscenze, la cosmogonia, la saggezza degli anziani che parlano ogni sera in un cerchio, intorno al fuoco, con i bambini che ascoltano attenti i loro racconti.

 

E anche le donne, che difficilmente prendono la parola in un’assemblea, hanno un loro spazio per esprimersi in una maniera più intima ma non per questo meno profonda ed incisiva: dice un proverbio moagà … “la Barba decide al mattino ciò che la Treccia ha suggerito durante la notte”!

 

Ma quanto ne sappiamo di questa parola? Di queste lingue africane che sono l’espressione di un popolo e lo specchio della sua cultura?

 

Vorrei analizzare solo alcune espressioni in lingua mooré, la lingua dei mossì etnia principale del Burkina Faso, per vedere come queste ci mettono in discussione e ci aprono nuove prospettive e chiavi di lettura.

 


Quale sviluppo? Somwata!


Consideriamo la traduzione che propone Bernard Lédéa Ouedraogo per la parola “sviluppo” in lingua mooré:

 


“Se si dovesse tradurre il termine “sviluppo” in lingua mooré,
nel linguaggio dei contadini, si impiegherebbe l’espressione
“somwata” che significa: “le buone relazioni e i benefici aumentano”.
Non è forse abbastanza chiaro? “

 

Uno sviluppo inteso non come raggiungimento del benessere economico – cioè come crescita materiale – ma di un benessere globale, che privilegia le relazioni sociali e l’armonia della comunità.

 

Se prendessimo questa concezione dello “sviluppo” come metro di riferimento, chi risulterebbe “sottosviluppato”?
Gli africani che dedicano tanta attenzione ai rapporti sociali o noi che salutiamo a fatica i nostri vicini di casa?
Un mio amico italiano mi ha detto: “Se è davvero così, allora sono loro che devono venire da noi a fare “progetti di sviluppo”, per insegnarci a riscoprire la ricchezza dei rapporti umani!”

Forse non ha tutti i torti.

 


Quale benessere? Lafi!


Ma c’è un’altra espressione in lingua mooré su cui vale la pena riflettere: “lafi, onnipresente nei saluti, che significa al tempo stesso “salute fisica”, “pace interiore” e “pace” nella comunità e nel paese, intesa come assenza di guerra o conflitti interni.

Non esistono tre parole distinte per esprimere questi concetti che risultano quindi legati indissolubilmente in una concezione del “benessere” che racchiude gli aspetti sia fisici che psichici e morali, e non può esistere se non è condiviso dalla intera comunità in cui viviamo.

 

Quanto siamo lontani dalla cultura consumistica che ha creato una società dell’abbondanza con una concezione del ben-essere (o meglio “ben-avere”!) esclusivamente individualistica e materiale, che però si scopre sempre più insoddisfatta e stressata.

 

E’ interessante notare come nella società tradizionale moagà esistesse una figura particolare, il “saaba” (fabbro) che particolarmente temuto per la sua capacità di domare il fuoco, fosse responsabile del mantenimento della pace nel villaggio; tutto ciò ben prima della creazione di mediatori di pace, forze di interposizione e caschi blu vari…

 


Chi gestisce il potere? Nàaba


Presso i mossì il potere (naam) viene normalmente gestito dagli anziani in funzione della loro età e dello status sociale della famiglia cui appartengono.

L’anziano non è però espressione di un potere personale fine a se stesso, ma rappresenta la parola degli antenati, che deve far rispettare, e conseguentemente la legge e la legittimità del gruppo.

 

Possiamo osservare come, in lingua moré, il termine “Nàaba” abbia contemporaneamente il significato di “capo” e di “servitore”.

 

Secondo la tradizione, inoltre, il potere di un capo è sancito dalla totale mancanza di beni materiali: chi possiede tutto, non ha bisogno di possedere niente.

 

Una leggenda moagà racconta di tre fratelli che si videro distribuire ciascuno una borsa che conteneva il simbolo della loro attività futura.
La borsa del primo fratello conteneva grani di miglio, ed egli infatti divenne agricoltore. La borsa del secondo fratello conteneva ferro, e questi divenne fabbro. La terza borsa, infine, non conteneva nulla: il terzo fratello divenne infatti un capo.

 

Quanti nàaba, intesi in questo senso, riusciremmo a trovare in Italia?

Quanti candidati avremmo alle elezioni se questi dovessero essere servitori in un’ottica che ci ricorda Gandhi, e poveri come San Francesco d’Assisi?

 



Brano estratto dal libro “DUDAL JAM, A scuola di pace”, Edizioni EMI, 2010.

Si riparte!!! Last minute Burkina Faso… a dicembre e gennaio nel “paese degli uomini onesti”

 

Beh, forse non si può proprio definire un viaggio “last minute”, lanciandolo sei mesi prima della partenza. Ma in un certo senso lo è davvero perché diversi posti (dei 10 disponibili) sono già occupati ancor prima di annunciarlo!!!

 

E’ questo il frutto di 18 anni di viaggi responsabili in questo meraviglioso paese, condivisi con quasi 200 persone, le quali sono divenute in qualche modo testimoni delle realtà visitate e con il passaparola ogni anno mi presentano altri amici desiderosi di vivere questa esperienza.

 

Ufficialmente, comunque, iniziamo solo in questi giorni a raccogliere le adesioni per il prossimo viaggio di turismo responsabile in Burkina Faso organizzato come Cooperativa Kaleidos in collaborazione con Mani Tese e promosso dall’associazione di turismo responsabile “T-ERRE”.

 

Questo viaggio è concepito come esperienza di conoscenza e condivisione con la popolazione del paese, in particolare con quella dei villaggi, alla scoperta della ricchezza umana e culturale che il Burkina Faso – letteralmente “il paese degli uomini onesti”- può regalarci se ci accostiamo ad esso con occhio sincero.

 

L’attenzione viene posta dunque non solo sulle difficoltà reali che il paese deve superare, ma anche sulle potenzialità che esso racchiude, sia nelle proprie radici -andando a scoprire la storia e la cultura di diverse popolazioni che lo abitano- sia nelle prospettive di sviluppo che la società civile sta elaborando dall’interno e in collaborazione con partner internazionali.

Non manca anche la scoperta delle bellezze naturalistiche del paese e l’incontro con il suo meraviglioso artigianato: scopriremo il Sahel burkinabé, con le sue dune di sabbia e gli scavi archeologici a Oursì, i mercati coloratissimi a Kaya e Gorom Gorom; ma anche le cascate di Karfiguela, gli immensi campi di canna da zucchero a Banfora; il lago di Tengrela con le sue ninfee e gli ippopotami, le moschee di Ouahabou e Bobò Dioulassò, gli elefanti del Parco di Boromò…

CARATTERISTICHE GENERALI DEL VIAGGIO

Il viaggio è costruito insieme a Mani Tese e ad altri partner locali che operano da anni nel campo della cooperazione allo sviluppo.


Gli accompagnatori hanno una lunga esperienza in questo paese, che permette loro di porsi come mediatori culturali fra il gruppo e la popolazione con cui si entra in rapporto.

 

1548476862.jpgI trasporti sono effettuati con mezzi proprio, l’alloggio è in strutture gestite da diverse realtà associative e da campement nei villaggi.

 

L’iscrizione comprende una quota solidarietà per un progetto di sviluppo.

 

Il viaggio si propone di dar vita ad una costruzione comune dell’esperienza attraverso una fase di conoscenza preliminare del percorso, del gruppo dei partenti, di scambio sugli obiettivi e modalità del viaggio e di verifica sulle intenzioni e possibilità di continuare la conoscenza intrapresa.

 

Sono previsti quindi tre incontri di preparazione prima della partenza.
La presenza a questi momenti è indispensabile per la partecipazione al viaggio.


CALENDARIO DI VIAGGIO

27 dicembre 2010 – 14 gennaio 2011

Lunedì 27 – volo aereo dall’Aeroporto Marconi di Bologna alle 12,15; arrivo a Parigi Aeroporto  Charles de Gaulle alle 14,00; partenza alle ore 16,10 e arrivo a Ouagadougou (capitale del Burkina Faso) alle 20,45 locali; sistemazione, cena e  pernottamento.

141373707.jpgMartedì 28 – domenica 2 gennaio – al mattino preparativi, acquisti necessari in capitale, poi partenza verso l’est, per il villaggio di Tangaye e alloggio presso il Campement “Sougrì noma” (“il perdono è buono”): è il momento della condivisione della vita con la gente del villaggio, l’occasione per incontrare i responsabili dei Gruppi di Villaggio, fare visita agli anziani e  scoprire i luoghi sacri tradizionali, visitare il mercato serale del villaggio ai piedi del grande baobab e i progetti finanziati da Mani Tese (barrage, fuochi migliorati, etc…); l’occasione inoltre per incontrare la gente del villaggio di Djoassin, dove sono stati finanziati un pozzo e una scuola e partecipare alla coloratissima Messa al villaggio.

 

1028395376_7f9b9aceda.jpgRientro in capitale passando da Laongò, con le sue roccie scolpite; cena e pernottamento.

 

Lunedì 3 – rotta verso il Sahel, nel nord del paese; sosta al mercato di Kaya, celebre per la lavorazione del cuoio e delle pelli; visita delle 7 moschee sulla collina di Banì; arrivo in serata a Koyre-Zena; pernottamento presso il Campement del villaggio.

Martedì 4 – partenza al mattino verso Gorom Gorom, poi verso Oursì; passeggiata sulle dune di sabbia di fronte al grande stagno -dove si possono ammirare molte specie di uccelli- fino agli scavi archeologici del sito Hu-Beerò, considerati fra i più importanti dell’Africa intera; nel pomeriggio partenza per il piccolo villaggio di Gandafabou, dove alloggeremo nel meraviglioso Campement “Edjef”, dentro alle capanne tuareg sulla grande duna di sabbia rosa.

Mercoledì 5 – “ballade” a dorso di dromedario, per scoprire il villaggio e le sue strutture: la scuola, il dispensario, la maternità; ritorno al Campement “Edjef”, cena con gli amici tuareg e pernottamento.

gorom-marche.JPGGiovedì 6 – lasciamo Gandafabou per ritornare a Gorom Gorom (“sedetevi, sediamoci” in lingua songhai), la capitale del Sahel,  dove si svolge il grande mercato del giovedì, celebre per l’incontro di mille popoli, provenienti anche dal Mali e dal Niger: dai Peulh, ai Bellà, dai Tuareg, agli Haussà; nel pomeriggio rientro al Campement di Koyre-Zena.

Venerdì 7 – lasciamo il Sahel per rientrare il capitale; lungo la strada soste a Dorì, Banì e Kaya; arrivo a Ouagadougou in serata, cena e pernottamento.

6d6b17ca3bb2d5324d407db5355caf29.jpgSabato 8 – partenza insieme a Theophile Kaboré, responsabile dei progetti di Mani Tese, per visitare alcuni villaggi in cui sono stati finanziati progetti; è l’occasione per incontrare la gente che ne beneficia per meglio capire la filosofia di intervento e come la popolazione gestisca questi progetti; rientro in capitale in serata.

 

Domenica 9 –  partenza per Bobò-Dioulasso, la capitale economica dell’ovest; sulla strada breve sosta a Ouahabou, per ammirare la sua splendida moschea in bancò (argilla); arrivo a Bobò nel pomeriggio, visita dei suoi antichi quartieri e della grande moschea; cena e pernottamento;

 

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Lunedì 10 –  ancora più a ovest, fino a Banfora, poi attraverso i campi di canna da zucchero fino ai “duomi di Fabedougoù”, particolari conformazioni rocciose della zona, per poi tuffarsi nelle meravigliose cascate di Karfiguelà; rientro a Banfora, cena e pernottamento.

Martedì 11 – partenza al mattino presto per il lago di Tengrelà; giro in piroga fra le ninfee, per osservare gli ippopotami; rientro a Banforà, incontro con i produttori di anacardi equo-solidali dell’Associazione WOUOL, quindi sulla strada verso est breve sosta a Boni, per ammirare la splendida chiesa con un’enorme maschera bobò come facciata; arrivo in serata a Boromò dove alloggeremo presso il Campement “Kaicedras”, costruito sul fiume nel punto in cui spesso gli elefanti lo attraversano e gestito da un’associazione che si occupa di salvaguardia della biodiversità.

Mercoledì 12
– partenza per Ouagadougou, passando da Kokologò per visitare il palazzo dell’antico imperatore; arrivo in capitale in serata, sistemazione, cena e  pernottamento.


Giovedì 13 – mattina insieme agli artigiani del commercio equo e solidale, per meglio capire la filosofia di questo tipo di commercio, conoscere come lavorano (batik, legno, bronzo, tessuti bogolan…) e avvicinarsi all’arte africana; nel pomeriggio preparativi e partenza alle ore 21,20 per Parigi.

 

Venerdì 14 – arrivo a Parigi Aeroporto Charles de Gaulle alle 6,00 di mattina; partenza alle 7,20 e arrivo all’Aeroporto Marconi di Bologna alle ore 9,00.


per qualunque informazione: mikuel@fastwebnet.it