Fra nucleare e grandi opere che differenza c’è?

La tragedia immane di Fukushima ha segnato una data storica nell’immaginario collettivo globale.

La Cina ha bloccato la costruzione di nuove centrali nucleari, la Germania ha deciso di sospendere il prolungamento del ciclo di vita operativo di 16 reattori, la Svizzera ha bloccato la procedura di domanda di autorizzazione di tre nuovi siti.

2011_03_15_13_06_29.jpgIn tutto il mondo ci si interroga seriamente, mentre risuona ancora forte l’appello di Futoshi Toba, uno dei martiri che si è sacrificato a Fukushima offrendosi volontario per riparare i danni al reattore 4 e che, ricoverato in un centro di Tokyo per le radiazioni che lo hanno investito, ha dichiarato: “Prego il mio Paese di riflettere se questa è la strada giusta per assicurarci un futuro”.

In Italia, dopo un primo tentativo del nostro Governo di andare avanti come se nulla fosse avvenuto, il peso dell’opinione pubblica -così come rilevato da tutti i sondaggi- e la prossimità delle elezioni amministrative hanno portato alle dichiarazioni fuorionda del Ministro Prestigiacomo e alla famosa “pausa di riflessione”, che speriamo non duri solo fino alla tornata elettorale di maggio.

La stragrande maggioranza degli italiani (68,4% secondo un sondaggio di Fullresearch) è ora fermamente contraria al nucleare e favorevole alle rinnovabili.

Viene tuttavia da chiedersi: ma è mai possibile che si debba sempre arrivare alla tragedia? Che non si possa fare una riflessione prima?

A tale scopo, con lo spirito costruttivo di voler prevenire, credo che sia utile provare a tracciare un parallelo fra le centrali nucleari e il ponte sullo stretto, preso come esempio emblematico di tutte le grandi opere.


Da un punto di vista economico
sono entrambe opere faraoniche, costosissime e in larga parte a carico dei contribuenti.
(E forse proprio nei loro costi va ricercata la vera ragione “politica” della loro scelta.)

Il ponte sullo stretto costerebbe infatti 6,3 miliardi di euro, oltre ai 122 milioni solo per la progettazione.
Per una coincidenza del destino circa la stessa cifra di ognuna delle centrali che si vorrebbero realizzare nel nostro Paese (stimate fra i 6 e gli 8 miliardi l’una).


Da un punto di vista ecologico
entrambe le opere hanno un impatto enorme in termini di sostenibilità, di cui forse non ci si rende neppure pienamente conto.

Il nucleare principalmente per le scorie radioattive che lascia e che impiegano migliaia di anni a decadere.

Il ponte anzitutto per il saccheggio del territorio che richiederebbe. Per realizzare le torri che lo dovrebbero sorreggere (alte 382 metri secondo l’ultimo progetto) sarebbero necessari 3 milioni e mezzo di metri cubi di materiali inerti (di cui 1 milione e 750 mila verrebbero da cave) e vi sarebbe una produzione di materiali provenienti dagli scavi per un totale di 6 milioni e 800 mila metri cubi (di cui 1 milione e 790 mila verrebbero riutilizzati e 5 milioni circa andrebbero a deposito).

A questi dati sull’impatto dell’opera principale, si deve poi aggiungere l’impatto delle opere connesse: infrastrutture stradali (15 km) e ferroviarie (12 km)…


Da un punto di vista degli ipotetici vantaggi
, il nucleare non riduce il costo dell’energia, questo ormai è comprovato, né sostituisce le altre fonti, visto che le 4 centrali in programma in Italia coprirebbero appena il 4-5% della richiesta di energia nazionale. Appena sufficiente a soddisfare il fabbisogno dei led per lo stand-by dei nostri apparecchi domestici.

Allo stesso modo il ponte non ridurrebbe i tempi di percorrenza. Basti pensare che i pendolari fra Reggio Calabria e Messina, in un senso e nell’altro, che rappresentano la grande maggioranza di coloro che attraversano lo stretto ogni giorno, continuerebbero a prendere il traghetto perché più rapido rispetto al tragitto necessario per arrivare al ponte, fuori città.

Per non dire poi che i tecnici esterni che hanno valutato il progetto hanno stimato per il 2032 un traffico di attraversamento di appena 18.500 autoveicoli al giorno per un’infrastruttura progettata per farne transitare addirittura 100.000!!!

Continua a leggere sul mio blog de “Il Fatto Quotidiano”…


» Nucleare: porci domande o porci comodi?»»
Consumi energetici, con l’efficienza potremmo ridurli di tre quarti .» 120 Km contro il nucleare! .» Autarchia energetica » Il 75% degli italiani è contro il nucleare! .» “AAA – Lavoro verde cercasi…”

Mentre Fini rompe con Berlusconi, l’ONU dichiara l’acqua diritto umano!

 

logo_onu.jpgQuesto 28 luglio sarà ricordato come una data storica, molto più importante delle fuggevoli vicende politiche su cui si è concentrata tutta l’attenzione in questi giorni nel nostro paese.

Dopo 15 anni di discussioni, infatti, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha approvato, con 122 voti a favore e 41 astensioni, un documento proposto dal Governo Boliviano che dichiara “L’accesso all’acqua come diritto umano”.

La dichiarazione, pur non vincolante dal punto di vista normativo, sostiene e rafforza le mobilitazioni sociali che in ogni angolo del pianeta contrastano la privatizzazione dell’acqua e la sua consegna nelle mani delle multinazionali.

 

Appare paradossale, tuttavia, che il nostro “amatissimo” Governo abbia votato a favore di questa dichiarazione all’ONU, mentre in Italia sta adottando normative che vanno esattamente nella direzione opposta!

consegna7.jpgProprio in opposizione a queste normative, infatti, 1.400.000 donne e uomini hanno sottoscritto i tre referendum per l’acqua pubblica.

 

Uno straordinario successo che da oggi può contare anche su questa nuova autorevolissima presa di posizione all’ONU.

 

Se il Governo volesse dare un segnale positivo ed invertire la rotta potrebbe approvare una moratoria che blocchi tutti i processi di privatizzazione.
In caso contrario saranno i milioni di “SI” ai referendum della prossima primavera a ridare coerenza tra ciò che si declama all’estero e ciò che si produce in Italia.

Per saperne di più visita il sito del Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua

La scuola va a rotoli? Portane uno anche tu!

“Se fai progetti per un anno, semina riso.
Se fai progetti per dieci anni, pianta alberi.
Se fai progetti per la vita, educa e forma persone“


(antico proverbio cinese)

 

 

porta_un_rotolo.jpgLa crisi economica passerà.
In un modo o nell’altro.

 

I politici cambieranno.
Anzi, saremo noi a cambiare loro.

 

Ma i danni culturali rischiano di rimanere a lungo. Per questo è così importante cercare di evitarli.

O almeno di contenerli…

 

I tagli alla scuola sono sempre stati dannosi, ma ora stanno andando davvero oltre i limiti del tollerabile!!!

 

Con la scusa patetica di “tagliare gli sprechi”, dopo avere definito tutti gli insegnanti “fannulloni”, il Governo sta creando un impoverimento assoluto dell’istruzione nel nostro paese.

 

Penso di poterlo dire con cognizione di causa. Sono un osservatore privilegiato: girando centinaia di scuole, da oltre 15 anni -per i laboratori didattici che conduco- tocco con mano gli effetti concreti delle scelte che riguardano la scuola, nel bene o nel male.

 

Sono assolutamente convinto che la cultura, l’educazione e l’informazione siano il vero cuore da cui occorre partire per rinnovare il nostro paese!

 

E voglio ribadire ancora una volta che ci sono esempi straordinari di istruzione di qualità, spesso invisibili (proprio in questi giorni sto terminando la realizzazione di un video su questo!), che smentiscono l’immagine della scuola diffusa dai mass media col solo scopo di legittimare i tagli.

Ma anche queste esperienze straordinarie rischiano di scomparire di fronte a scelte politiche tanto scellerate.

 

Per questo voglio invitare tutti, non solo gli insegnanti ma anche e soprattutto i genitori, i nonni e più in generale quanti hanno a cuore i nostri giovani e il loro futuro, a non rimanere indifferenti.

 

“Perché la scuola di domani non sia sporca, spoglia, sovraffollata e ignorante”, io ho aderito all’iniziativa di sensibilizzazione “Porta un rotolo”, che invita tutti ad esporre un rotolo di carta igienica, per incuriosire e attirare l’attenzione su questa priorità assoluta.

 

Riprendendo il proverbio cinese… non siamo miopi, facciamo progetti per la vita!

 

 

Per maggiori informazioni:
www.genitoriescuola.it
http://www.facebook.com/group.php?gid=371336653507

 

 

Non è un paese per giovani!

non-e-un-paese-per-giovani.jpgIncontro ogni settimana centinaia di ragazzi nelle scuole, anche Superiori. Lavorando con metodologie partecipative, respiro quotidianamente le loro preoccupazioni, le loro insicurezze, la loro paura del futuro.

 

Loro non hanno bisogno di complesse analisi sociologiche per capire cosa sta avvenendo; lo sentono in casa, dagli amici, dai fratelli…

Sentono che qualcosa non va, per loro. Non comprendono forse il perché, ma intuiscono che tira una brutta aria.

 

Ora, volendo giustificarsi si può dire quello che si vuole, ma io preferisco dire semplicemente, e in tutta sincerità, che hanno ragione!

 

L’Italia non è un paese per giovani.

 

Forse perché sono in netta minoranza, come sostiene in una lucida analisi Federico Fubini sul Corriere della Sera: 14 milioni di giovani, nella fascia di età fino a 34 anni, contro i 25,5 milioni della fascia fra i 35 e i 64 anni.

E la “maggioranza” sembra tutelarsi in modo davvero determinato!

I giovani infatti, pur essendo in minoranza da un punto di vista demografico, rappresentano quasi il 60% dei disoccupati e stanno pagando da tutti i punti di vista il maggiore prezzo di questa crisi, sia nei livelli di occupazione che nelle retribuzioni.

 

La cosa incredibile è che non solo fra i precari, ma anche fra quanti hanno un lavoro permanente sono i giovani ad essere licenziati per primi (10,5% per gli under-35, contro il 5,8% per gli over-35). E anche la forbice salariale si è allargata in questi anni. Al punto da farli risultare i più penalizzati fra tutti i loro coetanei dei paesi dell’OCSE. Altro che “bamboccioni”, come li definisce Brunetta…

 

Insomma, siamo davvero un paese “democratico”, in cui la maggioranza anziana fa valere la propria forza a scapito dei propri figli e nipoti. (Ma quanto ne è consapevole?)

 

Forse non è un caso, dunque, se i giovani italiani risultano da una Ricerca di Gallup i più pessimisti al mondo rispetto al proprio avvenire.

E non sono poi così immaturi e superficiali come spesso li si dipinge se attribuiscono proprio all’insicurezza circa il proprio futuro lavorativo la principale causa del proprio pessimismo.

 

La consapevolezza che l’impegno e il merito nel nostro Paese non siano tanto facilmente premiati produce nei nostri ragazzi un senso di impotenza e una disillusione terribile, contro cui io lotto ogni giorno a livello educativo, invitandoli a reagire, a tirare fuori il meglio di sè, rifiutando con sdegno l’immagine che è stata loro affibbiata e mostrando nei fatti che valgono molto più di quanto gli adulti spesso pensino!!!

 

Ed è meraviglioso vederli risvegliarsi, riprendere fiducia in sé, sentirli esprimere i propri desideri e sogni più profondi…

Si pone comunque un problema di solidarietà fra le generazioni, che prima o poi (meglio prima!) andrà affrontato se non vogliamo che la sfiducia collettiva finisca per alimentare una paralisi nella nostra società.

 

E certo non aiutano le idee geniali del nostro magnifico Governo, fra cui degna di nota l’ultima, di ridurre a 15 anni l’età di avviamento al lavoro, in controtendenza rispetto a tutti gli impegni e gli appelli internazionali ad allungare la formazione per consentire ai giovani migliori possibilità di ingresso nel mondo del lavoro.

 

L’emendamento, fortemente voluto dal ministro del Welfare Maurizio Sacconi e già approvato dalla Commissione Lavoro, prevede che un quindicenne, anziché stare sui banchi di scuola, possa andare a fare il garzone in una bottega o in un’officina con un contratto di apprendistato.

 

E’ facile prevedere che la tentazione di un guadagno facile, per quanto precario e sottopagato, finirà per contaminare non pochi adolescenti, in un Paese nel quale l’abbandono scolastico sfiora già il 22% contro una media europea di circa il 15%!

 

Questa appare quasi una scelta deliberata di produrre altri giovani precari, destinati ad una perenne guerra fra poveri, stanchi ed arrabbiati…

 

Ropeto spesso ai giovani: “Quando vi dicono che voi siete il futuro, non dovreste sentirvi onorati, dovreste incazzarvi! E’ solo un modo per dire che intanto, nel presente, decidono altri. Invece anche il presente vi appartiene e avete tutto il diritto di esprimere la vostra opinione.”

 

Io sono sicuro che le cose cambieranno. Non possono continuare così!

Ma almeno per ora, questo non è un paese per giovani.

 

 

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