In camper per incontrare l’Italia che cambia

Lo confesso, sto seguendo con molta attenzione questo viaggio in camper attraverso l’Italia, che di tappa in tappa diventa sempre più intenso e appassionante!

viaggio,italia,cambia,camper,giovane,coraggio,speranza,reagire,problemi,sambiiga,fratelloOccorre riconoscerlo: per vivere mesi in un camper è necessaria davvero una grande motivazione e specialmente per un giovane abbandonare un porto sicuro per navigare in mare aperto è indice di un “coraggio che è più forte della comodità” e di una capacità di “speranza che prende il posto della rassegnazione!”

Sono proprio queste le caratteristiche che sta dimostrando Daniel Tarozzi (ma a chi stavate pensando?!?), un carissimo amico giornalista e videomaker, con il suo progetto “Viaggio nell’Italia che cambia”.

viaggio,italia,cambia,camper,giovane,coraggio,speranza,reagire,problemi,sambiiga,fratelloUn’esperienza che lo porterà a percorre lo stivale in lungo e in largo per 5 mesi, per andare ad incontrare e poter così raccontare attraverso un libro e un documentario quell’Italia che cerca di reagire ai problemi economici, ambientali e sociali, senza aspettare che siano altri a risolverli.

Perché per cambiare il mondo occorre anche cambiare se stessi. E questo non si può certo farlo da soli, ma soltanto in relazione con gli altri, in particolare con chi già ha iniziato a cambiare se stesso, e quindi anche il mondo.

A Daniel, con il quale tre anni fa ho avuto la fortuna di condividere un altro meraviglioso viaggio -in Burkina Faso- per realizzare il progetto “Sambiiga-altro fratello”, faccio i migliori auguri di saper cogliere in profondità l’umanità che incontrerà, per poterla condividere con tutti noi.

Coltivare la speranza, affinché la sete di giustizia possa tradursi in capacità di proposta politica

In questi ultimi mesi abbiamo assistito ad un proliferare di marce e manifestazioni in tutto il mondo, per protestare contro le risposte della politica alla crisi economica, ritenute inefficaci e fortemente sfavorevoli ai giovani:

d391ea06ce22164ab3c49dbdbff445db_L.jpgdagli Indignados spagnoli ai giovani manifestanti di Occupy Wall Street, dai manifestanti delle cosiddette “primavere arabe” alle manifestazioni femministe di “se non ora quando” e mille altre marce pacifiste, molte delle quali confluite nel grande evento “United for global change” del 15 ottobre 2011 che ha visto milioni di persone, specialmente giovani, manifestare contemporaneamente in tutti i paesi del globo.

Per certi versi questo grande fermento culturale e politico potrebbe ricordare quanto accadde nel ’68; la rabbia e l’indignazione di fronte alle tante ingiustizie è certamente simile, la voglia di cambiare sicuramente non manca ed è sincera e profonda e in molti casi si stanno anche producendo elaborazioni interessanti, con analisi e proposte politiche anche più mature di quanto non fosse accaduto nel ’68.

Quello che a mio avviso manca, però, o per lo meno ancora scarseggia in questo momento storico, è la speranza.

Una ragionevole speranza che le cose possano davvero cambiare.

Una ostinata speranza che spingeva i giovani sessantottini a gridare “siate realisti, chiedete l’impossibile”, con le parole di Albert Camus.

Una speranza organizzata, che diviene capacità di proposta politica reale.

Occorre dunque, in questo preciso momento storico, più di ogni altra cosa, coltivare la speranza. Specialmente nei giovani!

Speranza che non è pia illusione di un cambiamento possibile o fuga dalla realtà verso un’utopia, ma consapevole e determinata ricerca di proposte alternative, tenace impegno volto a promuovere creatività sociale e tradurla poi in progettualità politica concreta, facendo tesoro anche delle tante esperienze virtuose del passato o realizzate in altri paesi, in uno scambio intergenerazionale e interculturale che appare l’unica via realistica per tracciare un cammino nuovo.

Un cammino che vada oltre la mera riproposizione di prassi consolidate che hanno ormai mostrato tutti i propri limiti.

Continua a leggere nel sito “www.ecologistiecivici.it”…

Se tu credi di poter fare la differenza, noi diciamo che tu puoi!

Dare spazio alla storia di una squadretta di calcio in giorni difficili come questi, fra conflitti, disastri nucleari e la disperazione dei profughi che hanno invaso Lampedusa, può apparire davvero fuori luogo, quasi un gesto di poca attenzione e sensibilità.

Io credo invece che questa straordinaria storia vera che ci arriva dalla Thailandia abbia molto da insegnarci, anche rispetto alle grandi questioni cui ho accennato sopra e rispetto alle quali ci interroghiamo tutti in queste ore.

Siamo a Koh Panyee, un villaggio sulle palafitte nella provincia di Phang Nga, in Thailandia. Qui, un gruppo di bambini legati dalla passione per il calcio decide di fondare una squadra e vincere il Campionato del mondo!

Costruiscono così un campetto su una piattaforma galleggiante. All’inizio la palla cade spesso in acqua e il fondo di legno diventa subito scivoloso, ma con il tempo i ragazzini imparano a controllare la palla, a fare passaggi e tiri molto precisi, a dribblarsi in pochissimo spazio, finché arrivano alla loro prima partita ufficiale. Ad oggi il Panyee FC ha vinto per 7 volte il campionato giovanile thailandese di calcio.

“Non importa quali siano le sfide che devi affrontare nella tua vita.
Se tu credi di poter fare la differenza, noi diciamo che tu puoi!”

La rete si allarga!

In queste settimane si sono avvicinate al nostro percorso moltissime realtà stupende che già si stanno impegnando per promuovere nel proprio territorio quegli stessi principi, valori e obiettivi che animano il nostro “sogno”.

Si tratta di associazioni, comitati, liste civiche, gruppi spontanei, reti e movimenti…

Lo immaginavamo, certo, ma toccarlo con mano è una cosa diversa!

Ci stiamo così rendendo conto realmente di quali siano l’ampiezza e il valore della nostra società civile, di quanti percorsi si stiano muovendo parallelamente nel nostro paese con una visione pressoché identica, segno che i tempi sono ormai maturi per il cambiamento, spesso però all’insaputa gli uni degli altri.

Ora dunque è il momento di cucire! Di incontrarsi, conoscersi, dialogare, costruire reti fondate sulla fiducia reciproca e sul riconoscimento del valore della diversità di ciascuno, ma al contempo con una chiara volontà di avviare un percorso unitario e raggiungere una sintesi condivisa.

A tale scopo in questi giorni stiamo facendo moltissimi incontri in giro per l’Italia, cercando tutti insieme di rispondere alle centinaia di richieste e offerte di disponibilità a collaborare che riceviamo via mail, telefono, facebook, etc.

E’ un impegno enorme che sta però continuando ad allargare la rete dei nostri “compagni di sogni”.

Nel frattempo continuano ad arrivare nuove adesioni, non solo di attivisti e volontari, in gran numero, ma anche da parte di gente comune, lavoratori, precari e disoccupati, studenti, pensionati, amministratori pubblici, insegnanti, imprenditori, operai, educatori, giornalisti, liberi professionisti, artigiani, pittori, giardinieri, filosofi, avvocati, scrittori, attori, storici, dentisti, musicisti, architetti, impiegati, agricoltori, ricercatori, medici… persino uno chef! (che può sempre tornare comodo quando ci troveremo per festeggiare tutti insieme…)

Ci pare un segno chiaro di come la rete che stiamo attivando, insieme alla società civile, riesca davvero ad uscire dalla nicchia degli attivisti per raggiungere la gente comune!

Continuiamo dunque a cucire, con tenacia, umiltà e coraggio la rete del nostro “sogno” che vuole unire in un solo progetto politico la “moltitudine inarrestabile” dei mondi dell’ecologia, della pace, della solidarietà e della legalità, per ridare un futuro di speranza al nostro paese!
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www.abbiamounsogno.it

“un mondo diverso è possibile”

Provate a riflettere un attimo.

Da quanto tempo non sentiamo più pronunciare queste parole?
Cos’è accaduto di questo messaggio di speranza, essenza del credo del “movimento dei movimenti”, che intendeva farsi invito all’impegno per cambiare davvero le cose?

Da quanto tempo non leggiamo più queste parole in un giornale?
Da quanto tempo non le sentiamo più alla radio, in tv o nel testo di una canzone?

818772837.jpg Sembra passato un secolo da quando, solo pochi anni fa, la CNN annunciava che in tutto il mondo, il 15 febbraio 2003, contro la guerra in Irak erano scese in piazza 110 milioni di persone, il 2% dell’intera popolazione mondiale.

Il giorno dopo, il New York Times definiva la società civile globale “la seconda super-potenza mondiale”.

Cos’è accaduto? Dov’è finito quello slancio della società civile mondiale, che da Seattle a Porto Alegre aveva fatto tremare i palazzi del potere denunciandone con forza il sistema di sfruttamento e devastazione e annunciando al contempo la concretezza di possibili alternative in tutti i campi?

Non ci sono stati, in realtà, eventi che abbiano smentito le analisi, né confutato la concretezza delle proposte. Anzi, al contrario, i limiti del sistema fondato sul petrolio sono sempre più evidenti, mentre le esperienze alternative hanno continuato a proliferare con successo nel mondo.

Solo lo hanno fatto in silenzio, isolate, senza più quella consapevolezza di essere parte di un tutto, di un movimento globale che pone il rispetto dell’uomo e dell’ambiente al centro di ogni azione economica e di ogni scelta politica.

Questo clima, a mio avviso, è il frutto della reazione dei potenti della terra -che controllano la quasi totalità dell’informazione attraverso le grandi agenzie stampa mondiali- a quell’affronto che avevamo lanciato; un affronto che stava iniziando a raccogliere sempre maggiori consensi in ampi strati della popolazione di ogni paese.

La controffensiva è stata abile e ben pianificata, coordinando tutti i mezzi disponibili per creare, attraverso una comunicazione tragica e disfattista, quel senso di impotenza che oggi ci circonda, quell’impressione che “ormai tutto sia inutile” che conosciamo molto bene.
La delegittimazione del movimento, iniziata a Genova, è continuata con perizia e costanza, spezzando quel dialogo e quella fiducia che si stava creando fra gli attivisti e la maggioranza della popolazione.

E’ sul piano dell’informazione che i potenti della terra stanno vincendo. Perché riescono (ma sempre più a fatica!) a nascondere i limiti delle loro proposte e a screditare il valore di quelle alternative, che nascono dalla partecipazione e dal desiderio di un domani migliore.

Ed è quindi dall’informazione che dobbiamo ripartire, dal basso ovviamente, con sempre maggiore determinazione e con altrettanta costanza di quanta ne profondano loro!

Mostriamo le esperienze positive, facciamo vedere a tutti che sono possibili e vantaggiose; la domanda sulla bocca di tutti dovrebbe essere:

“ma allora, perché no?”

Ricominciamo ad annunciarlo con forza, gridiamolo affacciati alle nostre finestre, scriviamolo sui muri… “un mondo diverso è possibile”!

Ed è già iniziato…