Haiti: uccisi dalla povertà più che dal terremoto

I giorni scorsi, come tanti, ho dato un piccolo contributo di solidarietà per le popolazioni di Haiti, in questo momento così tragico della loro storia.

 

L’ho fatto attraverso l’Associazione Yele, consigliatami da Jacopo Fo che li conosce da tanti anni e con i quali lui ha collaborato per alcuni progetti in passato.

 

edifici_crollati1265104999.jpgUn aiuto, per quanto piccolo, può essere davvero determinante in questi momenti, e lo sarà ancor più fra poche settimane quando i riflettori delle tv si spegneranno su questo dramma e molti se ne dimenticheranno.

 

Ma la solidarietà non è sufficiente e io non posso accettare che di fronte ad una simile catastrofe passi l’idea che si tratti semplicemente di una fatalità naturale!

 

Occorre dire in modo chiaro che moltissimo dipende dalle tecniche di costruzione degli edifici e dai materiali utilizzati!

 

Lo hanno dimostrato le oltre 300 vittime del terremoto in Abruzzo, con un sisma di magnitudo 5,8 della scala Richter, mentre nel giugno del 2008, quando un sisma d’intensità 7,2 della scala Richter -esattamente come quello di Haiti- colpì il nord est del Giappone, 29.000 abitazioni collocate nella zona colpita rimasero senza elettricità, ma le vittime furono solo sei, e i feriti duecento.

 

Com’è possibile questo? Si tratta di prevenire. Nella costruzione degli edifici, per esempio, i giapponesi ricorrono a cuscinetti, sistemati alle fondamenta e tra un piano e l’altro in modo da attutire i colpi, e all’acciaio elastico e alla fibra di carbonio per i pilastri delle strutture. In tal modo, il rischio di crollo risulta estremamente ridotto.

 

Insomma le conoscenze e le tecniche esistono già, e possono non essere affatto costose. Forse non tutti sanno che in Trentino è stata realizzata una casa in legno antisismica alta 7 piani che può resistere senza danni a un sisma di magnitudo 7.2 della scala Richter.

 

Guardate un po’ questo filmato davvero impressionante:

 

 

Ad Haiti la catastrofe è stata disumana, perché disumane erano già le condizioni di miseria in cui la popolazione di questo poverissimo paese era costretta a vivere. La riprova è il fatto che le case dei ricchi non sono affatto crollate!

 

Ma vorrei porre alcune domande che mi paiono di assoluto buonsenso: se le montagne di soldi che si spenderanno ora (secondo la FAO servono subito 700 milioni di dollari!!!) per portare soccorsi e ricostruire si fossero utilizzate prima, non si sarebbe forse potuto risparmiare ed evitare un disastro simile?

Se il debito estero di questo Paese fosse stato cancellato prima, come semplice gesto di giustizia, anziché ora, con ipocrita compassione, non si sarebbe forse liberata la popolazione di Haiti da un ennesimo macigno che ha gravato in tutti questi anni sulla possibilità di costruire dignità e autonomia?

 

Credo in tutta sincerità che l’aiuto più consistente che ho portato ad Haiti, nel mio piccolo, non sia tanto nella piccola donazione che ho potuto fare l’altro giorno, quanto nelle centinaia di incontri che ho tenuto in questi anni, nell’attività di formazione e informazione in cui ho sempre ripetuto che esistono percorsi realizzabili che possono liberare l’umanità dalla fame, dalla miseria, dall’analfabetismo, dal lavoro minorile… con costi ridottissimi -rispetto ad esempio alla follia delle spese militari– e nell’interesse di tutti, anche dei paesi ricchi!

 

un-mondo-senza-poverta.jpgAd Haiti il terremoto non avrebbe creato una simile devastazione se non avesse trovato una fedele alleata a sostenerlo: la povertà.

E’ contro di essa che occorre lottare, nella consapevolezza che noi possiamo davvero cancellarla dalla storia e relegarla nei libri.

 

Come ha detto il grande Muhammad Yunus esprimendo il suo sogno ad occhi aperti nel suo ultimo libro “Un mondo senza povertà”:

“Relegheremo la povertà nei musei. Ce ne sarà uno in ogni Paese, ci porteremo i bambini in visita: resteranno orripilati scoprendo la condizione infame che così tanti essere umani hanno dovuto sopportare per così lungo tempo e condanneranno i loro progenitori che hanno permesso tutto ciò”.


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