In questi ultimi mesi abbiamo assistito ad un proliferare di marce e manifestazioni in tutto il mondo, per protestare contro le risposte della politica alla crisi economica, ritenute inefficaci e fortemente sfavorevoli ai giovani:
Per certi versi questo grande fermento culturale e politico potrebbe ricordare quanto accadde nel ’68; la rabbia e l’indignazione di fronte alle tante ingiustizie è certamente simile, la voglia di cambiare sicuramente non manca ed è sincera e profonda e in molti casi si stanno anche producendo elaborazioni interessanti, con analisi e proposte politiche anche più mature di quanto non fosse accaduto nel ’68.
Quello che a mio avviso manca, però, o per lo meno ancora scarseggia in questo momento storico, è la speranza.
Una ragionevole speranza che le cose possano davvero cambiare.
Una ostinata speranza che spingeva i giovani sessantottini a gridare “siate realisti, chiedete l’impossibile”, con le parole di Albert Camus.
Una speranza organizzata, che diviene capacità di proposta politica reale.
Occorre dunque, in questo preciso momento storico, più di ogni altra cosa, coltivare la speranza. Specialmente nei giovani!
Speranza che non è pia illusione di un cambiamento possibile o fuga dalla realtà verso un’utopia, ma consapevole e determinata ricerca di proposte alternative, tenace impegno volto a promuovere creatività sociale e tradurla poi in progettualità politica concreta, facendo tesoro anche delle tante esperienze virtuose del passato o realizzate in altri paesi, in uno scambio intergenerazionale e interculturale che appare l’unica via realistica per tracciare un cammino nuovo.
Un cammino che vada oltre la mera riproposizione di prassi consolidate che hanno ormai mostrato tutti i propri limiti.
Continua a leggere nel sito “www.ecologistiecivici.it”…