Non aprite quella cassetta delle lettere…
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Fra pochi giorni, il 20 aprile, questo blog festeggia il suo quinto compleanno.
E’ con un misto di soddisfazione, nostalgia, tenerezza, entusiasmo che riguardo ai post di questi anni, un po’ come sfogliando un album di foto di famiglia.
Nato quasi per scherzo, in una sera, per il desiderio di condividere alcune riflessioni e rimanere in contatto con le tante persone che incontro in giro per l’Italia, il blog si è sviluppato col tempo, arrivando ad oltre 340 articoli corredati da 80 video e quasi 850 immagini, giungendo a contare in totale 334 mila visite (di cui 130 mila visitatori unici) e oltre 1 milione di pagine viste!!!
Ho stimato di aver dedicato al blog complessivamente oltre 1.200 ore, pari a 8 mesi di lavoro a tempo pieno. E lo rifarei anche subito!
In questi 5 anni ho trattato infatti tanti temi che mi stanno a cuore.
Ho scritto di poesia, ho promosso il valore della solidarietà, in Africa e non solo, e quello della giustizia.
Ho sviluppato un’ampia riflessione sull’ecologia, con particolare attenzione ai temi dell’energia, dell’acqua, dei rifiuti…
Ho offerto strumenti sui temi dell’intercultura, della pace e della nonviolenza.
Ho cercato di promuovere una riflessione sull’educazione, condividendo strumenti e metodologie per una partecipazione attiva, sempre con un occhio di attenzione particolare ai giovani.
Ho presentato i miei libri, che nascevano e andavano maturando in parallelo a questo blog e i tanti incontri pubblici in cui li ho promossi in tutta Italia.
Ho raccontato con sincerità le esperienze di amministrazioni virtuose e un impegno politico, inteso come servizio civile, che proprio non riesco a immaginare distinto dall’impegno culturale e sociale.
Ho pubblicato tanti video e raccontato i miei viaggi in Africa, mettendomi a nudo e condividendo con tutti le mie emozioni più profonde.
Vorrei ringraziare tutti voi amici che mi avete seguito in questo percorso -e spero continuerete a farlo!- e chiedere a tutti, se possibile, due regali di compleanno:
– il primo è un consiglio sincero per migliorare;
– il secondo è di passare parola ad un amico, invitandolo ad iscriversi alla newsletter del blog (in alto a destra in home page) ed unirsi così alla nostra bella “famiglia”.
Mi ha molto colpito, nelle ultime settimane, incontrare durante i miei Laboratori didattici -specialmente con i ragazzi delle superiori- tanti alunni preoccupati per la fine del mondo.
Non credevo che tante persone potessero davvero credere ad una simile sciocchezza, priva di qualunque fondamento, di ogni minimo elemento concreto, semplicemente alimentata dai mass media per puro business.
Molti erano davvero spaventati e stupiti che si continuasse a vivere la quotidianità come se nulla stesse per accadere.
Così ne abbiamo discusso insieme, in classe. Volevo capire il loro punto di vista.
Fondamentalmente non hanno saputo presentare nessuna argomentazione seria, se non esplicitare le proprie emozioni di fronte ad alcuni servizi tv confezionati ad arte per terrorizzare.
In sostanza potremmo dire che per i nostri ragazzi, quello che li emoziona è vero, perché le loro emozioni sono vere.
Questo passaggio mi pare degno di interesse, perché ci svela uno dei processi psicologici basilari sui quali si fonda tanta parte della comunicazione e della pubblicità. E ci spiega anche tanti problemi sociali che ci sembra incredibile non si riesca a risolvere.
Io credo che sia fondamentale allora educare i nostri ragazzi a riconoscere le proprie emozioni, che sono sempre vere e autentiche, ma al contempo a distinguerle da ciò che le ha prodotte, che invece potrebbe anche essere falso.
Dedicare un po’ di tempo a riflettere su questa distinzione, specialmente oggi che il mondo non è finito, col senno di poi, può essere a mio avviso una cosa estremamente utile!
Potremmo dire allora che sì -è vero- i Maya avevano ragione, perché finito il loro lunghissimo calendario la ruota ha continuato a girare, dimostrando ancora una volta -se mai ce ne fosse bisogno- che il tempo è ciclico, come loro credevano e come ritengono la stragrande maggioranza dei popoli e delle culture del pianeta.
Pensare che la fine di un ciclo potesse rappresentare la fine della storia -a prescindere dalla data- è un’interpretazione assurda, di chi ha una visione del tempo (prevalentemente) lineare come noi.
E anche se il mondo non è finito, le paure che i nostri ragazzi provavano, e che mi hanno esplicitato molto francamente, restano ugualmente vere e autentiche.
Imparare dunque a riconoscere queste paure, così come tutte le altre emozioni, controllarle verbalizzandole e razionalizzarle è allora un compito educativo fondamentale, che tutti dovremmo porci esplicitamente.
E non solo rispetto ai più giovani.
In questi ultimi mesi abbiamo assistito ad un proliferare di marce e manifestazioni in tutto il mondo, per protestare contro le risposte della politica alla crisi economica, ritenute inefficaci e fortemente sfavorevoli ai giovani:
dagli Indignados spagnoli ai giovani manifestanti di Occupy Wall Street, dai manifestanti delle cosiddette “primavere arabe” alle manifestazioni femministe di “se non ora quando” e mille altre marce pacifiste, molte delle quali confluite nel grande evento “United for global change” del 15 ottobre 2011 che ha visto milioni di persone, specialmente giovani, manifestare contemporaneamente in tutti i paesi del globo.
Per certi versi questo grande fermento culturale e politico potrebbe ricordare quanto accadde nel ’68; la rabbia e l’indignazione di fronte alle tante ingiustizie è certamente simile, la voglia di cambiare sicuramente non manca ed è sincera e profonda e in molti casi si stanno anche producendo elaborazioni interessanti, con analisi e proposte politiche anche più mature di quanto non fosse accaduto nel ’68.
Quello che a mio avviso manca, però, o per lo meno ancora scarseggia in questo momento storico, è la speranza.
Una ragionevole speranza che le cose possano davvero cambiare.
Una ostinata speranza che spingeva i giovani sessantottini a gridare “siate realisti, chiedete l’impossibile”, con le parole di Albert Camus.
Una speranza organizzata, che diviene capacità di proposta politica reale.
Occorre dunque, in questo preciso momento storico, più di ogni altra cosa, coltivare la speranza. Specialmente nei giovani!
Speranza che non è pia illusione di un cambiamento possibile o fuga dalla realtà verso un’utopia, ma consapevole e determinata ricerca di proposte alternative, tenace impegno volto a promuovere creatività sociale e tradurla poi in progettualità politica concreta, facendo tesoro anche delle tante esperienze virtuose del passato o realizzate in altri paesi, in uno scambio intergenerazionale e interculturale che appare l’unica via realistica per tracciare un cammino nuovo.
Un cammino che vada oltre la mera riproposizione di prassi consolidate che hanno ormai mostrato tutti i propri limiti.
Ogni volta, in occasione delle più importanti ricorrenze, tutti sono concordi nel sottolineare l’importanza della memoria storica e lamentarsi del fatto che i nostri giovani l’abbiano molto corta (chissà poi perchè?).
Ma io dico, se è vero come emerge da alcune recenti ricerche che i giovani italiani risultano -e non completamente a torto- fra i più pessimisti al mondo rispetto al proprio avvenire, come possiamo pensare che si appassionino di un passato che non hanno vissuto e che ha prodotto, ai loro occhi, un presente vuoto e senza futuro?
Incontrando ogni anno migliaia di ragazzi nelle scuole per i miei laboratori didattici e lavorando sempre con metodologie partecipative, respiro quotidianamente le loro preoccupazioni, le loro insicurezze, la loro paura del futuro.
I nostri ragazzi sono preda di un senso di impotenza e disillusione terribile, contro cui io lotto ogni giorno a livello educativo, invitandoli a reagire e a tirare fuori il meglio di sè, rifiutando con sdegno l’immagine che è stata loro affibbiata e mostrando -nei fatti- che valgono molto più di quanto spesso si pensi!!!
E’ meraviglioso vederli risvegliarsi, riprendere fiducia in se stessi, sentirli esprimere i propri desideri e sogni più profondi…
Ripeto spesso ai giovani: “Quando vi dicono che voi siete il futuro, non dovreste sentirvi onorati, dovreste incazzarvi! E’ solo un modo per dire che intanto, nel presente, decidono gli adulti. Invece anche il presente vi appartiene e avete tutto il diritto di esprimere le vostre opinioni e partecipare attivamente alla costruzione del vostro futuro.”
E’ a questo punto, e solo a questo punto io credo, che possiamo rievocare la memoria storica della resistenza, collegandola efficacemente al vissuto personale dei nostri ragazzi, alle loro quotidiane sfide e difficoltà (che spesso rimangono invisibili agli occhi adulti), e facendo comprendere loro, con le parole di Pietro Calamandrei, che: “Dietro ogni articolo della Costituzione, o giovani, voi dovete vedere giovani come voi che hanno dato la vita perché la libertà e la giustizia potessero essere scritte su questa Carta.”
Occorre cioè mostrare ai giovani che i nostri nonni, quando erano loro coetanei, seppero dinanzi all’orrore della visione nazi-fascista lottare per difendere non solo il proprio presente, ma anche e forse soprattutto il proprio “diritto al futuro”! In questa prospettiva io penso che il 25 aprile e la resistenza possano riavvicinarsi molto ai cuori e alle menti dei nostri ragazzi.
“Gli uomini passano, le idee restano, restano le loro tensioni morali,
“continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini.”
“Giovanni Falcone
A 18 anni dalla strage di Capaci, voglio dedicare a Giovanni Falcone, al suo coraggio, alla sua dedizione e alla sua sete di verità questa semplice intervista estratta dal video “Una scuola diversa è possibile” che ho realizzato insieme agli alunni del Liceo Ariosto di Ferrara.
Sulle gambe di questa studentessa liceale e dei suoi compagni, camminano le idee e le tensioni morali del giudice e di quanti si battono contro tutte le mafie.
Sono appena rientrato da Roma, dove ero arrivato direttamente da Castiglione del Lago, e porto con me tante emozioni, idee e soprattutto persone splendide che ho conosciuto in questi giorni!
A Castiglione l’incontro “Non è un paese
per giovani”, sulle difficoltà dei giovani a far valere il proprio merito, è stato ricco e interessante, perché impostato in maniera costruttiva, dando voce a vari giovani con esperienze diverse: un imprenditore, alcuni volontari, un sindacalista, una giovane impegnata in politica…
Ne è emerso un quadro sicuramente difficile, ma si è riflettuto in modo davvero propositivo sugli interventi possibili per favorire un ricambio generazionale fondato sulla fiducia e sul rispetto reciproco, attraverso percorsi di formazione e un’educazione che sappia vincere le paure infondate che spesso ostacolano questi processi.
A Roma ho incontrato le classi del Liceo Carducci, dove è stato proiettato il video “Viaggio nell’Italia dei Comuni a 5 stelle” allegato al libro “L’anticasta”, per riflettere insieme a loro su quali percorsi possano riportare la politica al ruolo che
le spetta: l’arte di gestire il bene comune, in maniera partecipata e trasparente.
Questi ragazzi avevano già visto, nei mesi precedenti, altri video su alcuni temi importanti come la privatizzazione dell’acqua, il cibo contraffatto, l’inquinamento.
La visione del nostro video, e delle tante esperienze dei Comuni Virtuosi, intendeva presentare loro alcune risposte concrete a quei problemi e ha risvegliato interesse e grande curiosità nei ragazzi.
Sempre in mattinata sono stato intervistato telefonicamente da Gianfranco Bongiovanni di Radio Città Aperta, e nel pomeriggio al Parco di Villa Borghese
da Massimo Proietto di “UnoMattina“, per una puntata sui Comuni virtuosi che
andrà in onda su Rai1 nelle prossime settimane.
Ringrazio entrambi per la squisita disponibilità!!!
La sera stessa, al Teatro India ho presentato l’Anticasta in compagnia degli amici del Movimento per la Decrescita Felice, della Rete Regionale Rifiuti del Lazio e del sindaco di Corchiano, uno degli ultimi Comuni ad essere entrati nella Rete dei Comuni Virtuosi.
Bengasi Battisti, questo è il nome del sindaco, ci ha raccontato quella che potremmo definire la “fiaba di Corchiano”.
Una fiaba affascinante e commovente, che parte dal coinvolgimento dei bambini e dei ragazzi del paese, per arrivare nel giro di pochi anni a promuovere iniziative straordinarie nel campo della sostenibilità ambientale.
Iniziative che hanno anche fatto rinascere il senso di appartenenza ad una comunità: “l’orgoglio di una città pulita” è lo slogan che i ragazzi hanno scelto e in nome del quale hanno saputo coinvolgere tutti i loro concittadini adulti, ricreando una coesione sociale che ha portato grandi miglioramenti nella qualità di vita.
Un esempio fra tutti: nel fare la coda al distributore di acqua pubblica, naturale o frizzante -che è stato installato in paese- i cittadini non si lamentano, non
sbuffano come in quasi tutte le code nel nostro Paese, ma socializzano, chiacchierano, riflettono insieme sul dono prezioso dell’acqua come bene comune
e diritto universale.
Insomma, ancora una volta ero partito con una valigia piena di libri e dei valori
che li animano, e ritorno -come per magia- con una valigia piena di esperienze ricche e appassionanti e di persone stupende che con il loro impegno mi fanno sperare sempre più convintamente nel cambiamento possibile!