L’economia spiegata attraverso un trapano

Questo è il mio terzo intervento a TV2000 all’interno del programma Beati Voi – Laudato si’, condotto da Alessandro Sortino e ispirato all’Enciclica ecologista di papa Francesco.

Il tema della puntata era l’economia, che io ho cercato di sviluppare al plurale, perché in realtà mentre noi pensiamo sempre al sistema di mercato -cosiddetto capitalistico- come fosse l’unico, per fortuna esistono anche altri sistemi economici, fondati su basi diverse, che -spesso in silenzio- tengono in piedi il mondo!

Ho provato a spiegarli attraverso l’esempio di un utensile di uso comune: il trapano!

 

 

Finiamola con le favole ecologiste e pacifiste…

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Questo non è davvero il momento per parlare di ambientalismo o perderci in utopiche illusioni pacifiste.

Siamo nel pieno di una crisi economica – ed occupazionale – senza precedenti e di questo è necessario occuparsi, seriamente!

Non intendo ripetere qui le analisi già sentite mille volte in questi mesi sulla necessità di risanare il nostro debito e riequilibrare lo spread fra i nostri BTP e gli equivalenti bund tedeschi. Vorrei provare a dare invece un contributo di riflessione su come cercare di mantenere per quanto possibile il denaro, e di conseguenza anche l’occupazione, in Italia.

Per fare questo credo sia utile riflettere un attimo sul saldo della bilancia commerciale italiana, sul rapporto cioè fra le nostre esportazioni e le importazioni dall’estero.

Questo aspetto assume un ruolo davvero decisivo in un mercato globale che si muove sempre più su una dimensione internazionale.

In teoria infatti, come amano ricordarci spesso, noi dovremmo trarre benefici dallo scambio con l’estero perché l’esportazione porta ricchezza nel nostro paese e se pensiamo che essa è cresciuta nel 2010 del 15,7%, nonostante la crisi, sembrerebbe esserci di che ben sperare.

Purtroppo però, nel bilancio complessivo, l’import supera di gran lunga l’export e soprattutto cresce a un ritmo quasi doppio (+22,6%) rispetto alle esportazioni, per cui ci siamo ritrovati nel 2010 di fronte a una perdita netta per le nostre tasche di 27,3 miliardi (pari a una intera manovra finanziaria!) e ad un trasferimento continuo di ricchezza all’estero.

Nel 2011, secondo le proiezioni Istat sui dati di novembre, dovrebbe essere andata un po’ meglio (si fa per dire) con una perdita netta di “soli” 25,8 miliardi di euro a causa di “un aumento congiunturale” delle esportazioni del 2,3% per il mese di novembre.

Un dato incoraggiante, ma che non sposta di una virgola la riflessione: se non riusciamo a riequilibrare questo rapporto non potrà esserci alcuna sostenibilità economica strutturale e nessuna manovra sarà sufficiente per uscire definitivamente dalla crisi!

(A chi ci ricorda, di continuo, che la Cina potrebbe essere per noi un mercato potenziale enorme voglio semplicemente far notare come essa rappresenti appena il 2,3% delle nostre esportazioni, in lievissima crescita, mentre costituisce già ora il 7% delle importazioni e in forte aumento!)

Se poi guardiamo nel dettaglio ci accorgiamo che un quarto delle importazioni è rappresentato da prodotti finiti o semilavorati e da materie prime, ma in realtà è l’energia a rappresentare la principale fonte di questo squilibrio per il nostro paese, costituendo il 75% della perdita nel 2010. Senza le importazioni di energia saremmo addirittura in attivo. E il dato delle importazioni dei prodotti energetici è cresciuto ulteriormente nel 2011 (+17,2%) aggravando ancora il nostro saldo energetico.

Quindi occorre una riflessione seria sulla nostra autonomia energetica, come condizione per poter avere anche una autonomia politico-economica!

 

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Testa, cuore e piedi

Ricevo e con immenso piacere pubblico oggi questa lettera del grande Francuccio Gesualdi, coordinatore del Centro Nuovo Modello di Sviluppo, il padre del movimento del consumo critico italiano, che “sogna” insieme a noi la nascita di un nuovo soggetto politico e in queste righe prova ad offrire spunti di riflessione per tracciarne la rotta.

 

 

Caro Michele,

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cop.aspx?s=B&f=200&x=0&e=9788835024583sostengo l’appello, dobbiamo ritrovare lo spirito di Lilliput che esalta la pluralità di azioni per l’unità di obiettivo. Dobbiamo abbandonare il senso di onnipotenza, che spesso ci fa sentire esclusivi, e capire che singolarmente siamo solo frammenti di un progetto più grande che dobbiamo costruire tutti insieme.
Un progetto che non sia solo di denuncia e di protesta, ma di proposta.

Un progetto che sappia dare risposte ai problemi sentiti dalla gente, tenendo conto che il contesto è cambiato, che non ci sono più spazi per il mito della crescita.
Un progetto che si basi sul senso di sazietà, sapendo che il passaggio dall’economia dello spreco all’economia della sufficienza non è solo una questione di stili di vita, ma di diversa organizzazione economica e sociale.

Questo è il progetto che dobbiamo costruire: un altro modello di società che pur disponendo di meno e sapendo di dover produrre meno rifiuti, sappia garantire a tutti un lavoro, il soddisfacimento dei beni e servizi fondamentali, la qualità della vita.
Un progetto che richiede testa, cuore e piedi, da parte di tutti.

 

Con affetto

Francuccio Gesualdi