Grande fratello: come mai 51 milioni di italiani non lo guardano?

grandefratello2.jpgMolti si chiedono come facciano 6 milioni di italiani a guardare il “Grande Fratello”.

Io vorrei proporre di ribaltare la domanda e chiedersi invece: “Come mai gli altri 51 milioni non lo guardano?”

La mia non vuole essere una battuta, ma una riflessione seria sui valori, spesso invisibili, che animano la nostra società.

La comunicazione infatti non è mai neutra; in qualunque sua forma trasmette sempre -oltre ai contenuti- anche dei valori e una certa visione della società.

Ma la società di oggi è complessa e non riconducibile ad un unico sistema di valori e ad un’unica visione della vita.
I principali reality show diffusi oggi in Italia, invece, sono tutti espressione di una stessa visione della società, fondata su un insieme di valori che viene presentato come se fosse universale.

La competizione, l’isolamento, l’esclusione… che caratterizzano i reality show più diffusi oggi, non sono i valori in cui si riconosce tutta la popolazione italiana.

sambiiga.jpg
L’Italia è un paese con una grandissima sensibilità e attenzione alla solidarietà sociale.

 

Basti pensare che, secondo una recente indagine dell’IREF:

 

“il 70% degli italiani aiuta persone in difficoltà, dai vicini di casa, agli anziani, ai bambini; circa il 60% ha versato denaro ad associazioni di volontariato; oltre il 50% ha acquistato prodotti dopo aver verificato che non inquinino e che per la loro produzione non siano stati impiegati né minori, né siano stati violati i diritti dei lavoratori; il 26% svolge o ha svolto attività di volontariato: pressoché il 21% partecipa a progetti di adozione a distanza”.

 

Ecco perché a noi è sembrata assolutamente normale l’idea di realizzare un reality show diverso, fondato sui valori della cooperazione, dell’apertura, dell’inclusione!!!

 

sambiiga-10.jpgLa “condivisione”, il valore su cui è stato incentrato tutto il viaggio, ci è parsa l’unica chiave che ci permettesse di entrare in contatto con realtà così lontane culturalmente e -mettendosi al loro fianco- di poterle capire in profondità, comprenderne i sogni, le paure, le speranze.

 

Per questo in “Sambiiga, L’altro fratello” non vi sono delle “prove” strutturate come nei tradizionali reality: perché per milioni di persone nel mondo le prove non c’è davvero bisogno di inventarle, arrivano da sole!

Ma d’altra parte noi non ci sono mai tirati indietro quando si è trattato di affrontare quelle prove quotidiane, imprevedibili, che un viaggio nel terzo paese più povero al mondo ci ha posto davanti, avendo scelto di condividere la vita delle persone locali: andare a cercare la legna a diversi km dal “campement” insieme alle donne del villaggio, partecipare ai lavori comunitari o alla battitura del miglio, andare ad attingere l’acqua al pozzo…

dotti_riprese.jpg“L’altro fratello” ha scelto quindi di usare un linguaggio pop, leggero e accessibile a tutti, per avvicinarsi a temi importanti quali la cooperazione internazionale, il commercio equo e solidale, l’intercultura, i diritti umani, la sostenibilità ambientale…

Un reality che non vuole solo raccontare il nostro viaggio, ma attraverso di esso dare voce a molte realtà straordinarie ma normalmente invisibili del “Burkina Faso” che in lingua moorè significa letteralmente “il paese degli uomini onesti”.

Ecco perché non si è trattato soltanto di un viaggio fisico, ma anche di un viaggio interiore, alla scoperta di sé attraverso l’incontro con l’altro.

 

Fraternità umana universale

Qualche  tempo fa avevo riportato in un post della sezione “strumenti per la didattica” le parole stupende di due astronauti che, osservando la terra dallo spazio, ci invitavano a riflettere sul valore della fraternità.

 

Abbè-Pierre.jpgOggi vorrei condividere con voi un brano che amo molto, di una figura straordinaria che ho anche avuto la fortuna di incontrare personalmente diverse volte, negli ultimi anni della sua vita: l’Abbé Pierre, fondatore del movimento Emmaus International.

Questo brano, tratto dal suo libro “Grido le ingiustizie del mondo” -che purtroppo è ora fuori catalogo- mi pare illuminante per la lucidità della riflessione.

 

“Libertà, uguaglianza, fraternità: la Repubblica francese ha scelto queste tre parole come divisa. La loro associazione è apportatrice di una grande saggezza.

Sfortunatamente la storia contemporanea è stata teatro di un incessante conflitto tra i princìpi di libertà e di uguaglianza.

 

L’uguaglianza senza libertà ha dato vita alla società comunista ugualitaria, vale a adire al totalitarismo di Stato. La libertà senza uguaglianza non è altro che il liberalismo che -se lasciato a sé stesso- non può che produrre una società individualista ed ingiusta. In fondo ciò che permette di legare libertà ed uguaglianza, due estremi che hanno tanta difficoltà a coabitare, è proprio il terzo termine della divisa: la fraternità.

Grande dimenticata della storia contemporanea è ai miei occhi la pietra d’angolo sulla quale si può costruire un nuovo patto sociale, che unisca credenti ed atei, e che colleghi tra loro l’imperativo della libertà e l’aspirazione all’uguaglianza.

 

La fraternità implica un libero impegno degli individui in vista di un’autentica equità sociale; mentre l’ideologia ugualitaria impone l’uguaglianza in modo autoritario a detrimento delle libertà individuali, la fraternità si fonda sulla partecipazione volontaria di ognuno al bene comune. La fraternità è una scelta sia personale che collettiva che si fonda sulla ragione e rispetta la libertà di ciascuno per creare una società giusta ed armonica.

Di fronte agli effetti della mondializzazione e di un liberismo selvaggio che produce sempre più esclusione; di fronte ad una società che si divide in due, in cui i poveri sono sempre più poveri ed i ricchi sempre più ricchi; di fronte al dramma rappresentato dalla disoccupazione strutturale di massa e alla perdita di dignità che l’accompagna (…) possiamo decidere insieme di costruire una società fraterna, accettando liberamente una nuova distribuzione dei beni che tale scelta esige.

 

Ora più che mai la fraternità deve estendersi al di là della famiglia, del clan o della nazione. La fraternità umana è universale. Nel momento in cui, per la prima volta nella storia dell’umanità, la Terra diviene un villaggio, siamo condannati e chiamati a nuove forme di condivisione.

Dobbiamo imparare a vivere insieme, fraternamente, qualunque sia il colore della nostra pelle e la religione. E questa scelta impegna ciascuno di noi.”

_

Abbé Pierre