Quello che serve, la tua parte

dal blog di Ezio Orzes

 

Mio nonno era un contadino, parlava poco, e quando parlava, lasciava spesso i discorsi a metà, se ne usciva con poche parole, mai definitive, ti guardava sornione e ti lasciava lì a pensare.
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http://www.ezioorzes.it/wp-content/uploads/2011/05/Il-contadino-V.van-Gogh..jpgIn quello spazio sospeso tra domande e risposte stava la saggezza del suo semplice cuore e della terra che curava con dedizione.

Da piccolo trascorrevo parte dell’estate da lui anche se abitava poco distante da casa mia.  Lo seguivo in campagna e apprendevo dalla misura dei suoi gesti quanto dalla sconfinata vivacità dei suoi occhi.

Alla sera quando insieme si tornava verso casa, si passava davanti alla fontana e poi ci si sedeva assieme sul carro, sotto il portico. Da lì si vedevano la campagna, i campi, i prati, i filari d’uva.

Era bello guardarsi indietro, lasciare lo sguardo scivolare sui bordi del campo e più su ad incontrare le nuvole oltre il bosco.

“Vedi – mi diceva mentre arrotolava la prima e ultima sigaretta della giornata – qualsiasi cosa farai nella vita dovrai restare sempre  un po’  contadino, dovrai prenderti cura di un pezzo di terra, con curiosità e attenzione, dovrai fare semplicemente quello che serve, la tua parte.

Ad Attilio


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Con la semplice coscienza del fornaio…»» La poesia ci ricorda che siamo stati tutti bambini!»» Il tempo della storia

Ho ancora negli occhi…

Sono rientrato tre giorni fa dal Burkina Faso e -come sempre mi accade- mi ritrovo ancora abbastanza spaesato e mi chiedo cosa ci faccio qui.

Sarà per i 30 gradi di differenza, o forse per il brusco cambio di colori che dal rosso della terra e dall’azzurro dei cieli africani hanno lasciato posto ad un grigio che fonde all’orizzonte l’asfalto con la nebbia.

4129166280_b4613f148e.jpgQuello che è certo è che ho ancora negli occhi gli sguardi persi dei minatori vicino ad Essakane, in pieno Sahel, che cercano l’oro in buche scavate a mano fino a 50 metri di profondità, in un’angosciante roulette russa fra la ricchezza e la morte, dentro a gallerie che in ogni momento potrebbero aprirsi a vene del prezioso metallo come chiudersi seppellendo tutto e tutti.

Ho ancora negli occhi la gioia delle donne nel villaggio di Andega, che esplode danzando per il pozzo che abbiamo appena realizzato.

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Un pozzo che dà vita e alleggerisce il loro carico di lavoro quotidiano, liberando tempo prezioso per prendersi cura dei figli, avviare piccole attività di artigianato o anche solo per un po’ di raro quanto sacrosanto riposo.

Ho ancora negli occhi la disperazione, avvolta da un nugolo di mosche, e nelle narici l’odore nauseabondo che emanava la gamba in cancrena di un ragazzo di appena 28 anni che ha bussato alla nostra porta a Ouagadougou, per chiederci disperato il costo del trasporto per poter rientrare a morire al suo villaggio, accanto alla sua famiglia e ai suoi due figli ancora piccoli.

E ho nitida negli occhi la luce della speranza che si è riaccesa in lui quando gli abbiamo detto che avremmo fatto di tutto per curarlo e da subito abbiamo iniziato ad occuparcene concretamente!

4129173694_979ba6d471.jpgHo ancora negli occhi la soddisfazione e la determinazione degli orticoltori di Tangzougou in mezzo alla distesa immensa dei loro orti, dove ancora pochi anni fa non c’erano che erba secca e terra arida, mentre ora crescono frutti.

E mille altre immagini fortissime che si sono impresse nel mio animo come su una pellicola e che certamente non si cancelleranno in pochi giorni…

4129175458_2339b98789.jpgTutto questo mi riecheggia dentro e mi parla del diritto ad un lavoro degno e alla salute, di acqua come diritto universale, di solidarietà, cooperazione e politiche volte all’autosufficienza… della necessità di liberarsi da logiche di sfruttamento e dipendenza dall’estero in un cammino di giustizia internazionale e di fraternità universale.

E così mi ricordo perché mi appassiona tanto il mio impegno nei campi della formazione, dell’informazione e della politica intese come servizi alla comunità e partecipazione alla creazione di un futuro migliore per tutti.

Mi ci vorrà ancora qualche giorno, certo, ma ora mi sento un po’ meno spaesato di prima.