Il diritto alla furbizia e all’illecito

La storia che voglio raccontare accade curiosamente proprio nel giorno della condanna a Berlusconi a quattro anni per frode fiscale; una condanna che ha generato la consueta reazione di sdegno nei suoi avvocati e nel Pdl che hanno parlato (tanto per cambiare) di accanimento giudiziario, arrivando addirittura a chiedere l’ergastolo per i giudici.
Potremmo pensare che questa ostentata insofferenza rispetto alla legge e la presunzione di intoccabilità, accada semplicemente per lo strapotere e la ricchezza del Cavaliere.
Il fatto che voglio raccontare, invece, ci porta a riflettere su quanto, purtroppo, questo ventennio di “diseducazione collettiva” a reti unificate abbia abbruttito il nostro paese. Ma al contempo, per fortuna, non sia riuscita a piegarlo fino in fondo.
 
Sono le 8,30 circa di questa mattina quando Andrea Artioli passa vicino alla scuola elementare di via Cuneo, a Carpi, rientrando a casa da una salutare corsetta mattutina.
L’occhio gli cade casualmente su un’auto parcheggiata nello spazio per disabili, senza il dovuto contrassegno. Si ferma a guardare un istante.
Dall’interno dell’auto, il proprietario, che sta accompagnando a scuola i due figli, gli rivolge la parola indispettito: “C’è forse qualcosa che non va?”

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Andrea, un uomo buono, un pacifista ed ecologista che ho avuto la grande fortuna di conoscere personalmente, gli risponde pacatamente, come è nel suo stile, con limpido senso civico:
“Non si potrebbe parcheggiare nello spazio per disabili”.

L’uomo non perde un attimo, scende dall’auto ed aggredisce Andrea iniziando a prenderlo a pugni; lo colpisce violentemente al volto, ripetutamente, davanti agli occhi increduli di tanti genitori che stanno accompagnando i propri figli a scuola. 

Andrea non reagisce, mette le mani dietro alla schiena dimostrando un coraggio e una forza d’animo che successivamente i passanti dichiareranno stupefacente.

 

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Il buonsenso non basta, rivendico la centralità delle relazioni e degli affetti!

Atrio di una scuola media, ore 11,10. Sto aspettando che la dirigente mi riceva per presentarle i laboratori didattici che propongo all’Istituto.

Suona il campanello ed entra una ragazzina.

Si presenta: “Sono una ex-studentessa, l’anno scorso frequentavo la 1°D, poi mi sono dovuta trasferire in Puglia con la mia famiglia. Vorrei fare un saluto ai miei vecchi compagni di classe.

La bidella in portineria alza appena lo sguardo dai moduli che la stanno occupando e risponde: “Non è permesso. Devi aspettare l’uscita da scuola.”

Una insegnante, presente per caso alla scena, prova a mediare: “Ora non puoi entrare in aula, c’è lezione. Magari al cambio dell’ora, fra 10 minuti…”

La ragazza risponde cortese: “Va bene, aspetto.”

LePetitPrince_AntoineDeSaintExupery.jpgLa bidella ribatte decisa: No, non puoi entrare in aula.

L’insegnante riprende ancora la parola, rivolgendosi alla ragazza: “Non potresti aspettare l’uscita, alle 13?”

La ragazza risponde a voce bassa:
“No, stiamo per ripartire.”

Io e l’insegnante guardiamo la bidella, lei non muove di una virgola: “Non si può.”

Ma viene dalla Puglia -insisto io- e sta per ripartire… solo un saluto ai compagni.”

“Noi dobbiamo eseguire le disposizioni della dirigente”, ribatte perentoria la bidella.

La ragazza, sconsolata, gira i tacchi ed esce dalla scuola a testa bassa.

Rimango profondamente scosso da questa scena. Sono senza parole e arrabbiatissimo per come è stata cinicamente mortificata la ragazza.
(La bidella deve ringraziare il cielo che io abbia alle mie spalle una così profonda formazione nonviolenta…)

“Bastava un po’ di buonsenso…” penserete voi. Invece io dico di no!!!

Questa volta non mi basta. Non può essere solo una questione di buonsenso, di smussare gli angoli, di chiudere un occhio e aggirare la regola, nel classico stile “all’italiana”.

Le relazioni umane non possono essere messe così platealmente in secondo piano. Soprattutto non in una scuola!!!

Né si può dare semplicemente la colpa alla bidella -per quanto odiosa mi appaia la sua rigidità- perché lei è l’ultima ruota del carro, semplice esecutrice -facilmente ricattabile- di ordini altrui

Il problema è più profondo e diffuso, a livello culturale. Questa scena, a mio avviso, è emblematica di un vero e proprio conflitto fra la ragione e il cuore, che rivela l’importanza enorme che viene attribuita nella nostra società alla dimensione cognitiva rispetto e quella affettiva e relazionale.

E se la poniamo in questi termini ve lo dico chiaro e tondo, io non ho dubbi sulla parte dalla quale schierarmi! Ce l’ha indicata nitidamente Susanna Tamaro.

Però la soluzione non può essere questa. Non voglio entrare nella logica del conflitto.

Non dobbiamo diventare ultras da stadio e tifare per l’una o per l’altra parte, perché in educazione sappiamo perfettamente che l’equilibrio e la serenità di una persona dipendono proprio dall’equilibrio fra le sue varie dimensioni: cognitiva, corporea, affettiva, relazionale e spirituale.

Io capisco che nel momento in cui si stabilisce un regolamento sia giusto usare la testa, essere razionali e non emotivi. Ma anche su un piano puramente razionale sarebbe giusto ricordarci che siamo esseri umani, fatti non solo di cervelli da coltivare nella didattica, ma anche -e soprattutto- di affettività e relazioni, da curare nella consapevolezza del ruolo che queste rivestono nelle nostre vite e della fragilità che esse portano inevitabilmente con sé.

actu2009_ggally.jpgMa provate a pensare come si sarà mai sentita questa ragazzina alla quale è stato impedito di rivedere anche solo per un minuto i suoi compagni, di salutarli, di riabbracciarli… neanche nel regime carcerario più duro si impedisce ai delinquenti la visita dei familiari per alcuni minuti una volta al mese!

Per cui nei prossimi giorni io andrò dalla dirigente e le spiegherò l’accaduto per filo e per segno, cercando di essere costruttivo e non polemico, ma fermamente determinato ad ottenere che il regolamento, in qualche modo, riconosca la centralità delle relazioni e una violenza simile non abbia più ad accadere, in alcun modo.

Affinché altre ragazze, un domani, possano maturare e vivere i propri rapporti con gli altri con una sensibilità e una capacità di empatia ben più profonde di quelle che questa ragazzina ha dovuto subire in questa triste storia.

Nucleare: porci domande o porci comodi?

Di una cosa sono certo: è sempre un bene continuare a porci domande, a prescindere dal fatto di poter trovare subito le risposte o meno.

Anzi, forse è meglio non trovarle affatto!!! Il dubbio infatti alimenta la curiosità e fa progredire la conoscenza, mentre le certezze la paralizzano.

Chiediamoci allora seriamente:

– come produrre occupazione stabile?

– come salvaguardare l’ambiente, anche per le future generazioni?

– come evitare disastri, prevenendoli prima di arrivare alle emergenze?

Qualche giorno fa, in un mio articolo ho provato a rispondere a queste domande, senza alcuna pretesa di esaustività ma semplicemente per cercare di offrire un piccolo contributo costruttivo e andare oltre le sterili polemiche a cui spesso assistiamo su questi temi.

Le domande rimangono comunque aperte e le risposte vanno cercate tutti

insieme. Tuttavia, mentre noi ci poniamo queste domande e riflettiamo con pazienza sulle possibili risposte, c’è chi  si muove con molta più disinvoltura.

Grazie al Decreto Romani che taglia gli incentivi per il fotovoltaico 120.000 occupati rischiano di rimanere a casa; si tratta di oltre 1.000 imprese a rischio chiusura, per un ammontare di 13 miliardi di investimenti già effettuati che potrebbero andare in fumo.

Un po’ come chiudere la FIAT con un decreto. Senza contare poi il danno ambientale…

E tutto questo per che cosa???

193236364-6268dc57-cac9-42d6-8386-f2d21b05a6c3.jpgMi pare legittimo il sospetto che sia semplicemente per l’interesse di pochi, che vogliono continuare a proporre sfrontatamente il nucleare, nonostante tutto e tutti.

Non è forse sufficiente quello che sta succedendo in Giappone?

Cosa deve succedere ancora perché si possa dire che il nucleare è una pura follia, da tutti i punti di vista?

Il nostro governo sostiene che occorre con urgenza rendersi indipendenti dai combustibili fossili e ridurre il costo dell’energia.

Peccato però che i nuovi impianti che si vorrebbero costruire sarebbero forse produttivi soltanto tra 15 anni; e per la “modica cifra” di trenta miliardi di euro, coprirebbero solo il 4% del nostro fabbisogno energetico.
Senza neppure ridurre i costi, oltretutto.

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E’ davvero questa la strada da intraprendere per il nostro futuro? Non sarebbe già sufficiente un serio piano di risparmio energetico per andare oltre questa percentuale?

Continuiamo a porci domande, dunque, come sano antidoto per contrastare quanti continuano ostinatamente e sfacciatamente a farsi i propri porci comodi.

 

Per approfondire questo tema vi consiglio di continuare a leggere qui di seguito queste interessanti analisi di Mao Valpiana, presidente del Movimento Nonviolento.

Quattro idee sul nucleare

.di Mao Valpiana

.1.. Le centrali nucleari forniscono energia elettrica. In Italia non ne abbiamo bisogno: negli ultimi anni la potenza installata è aumentata, mentre la domanda è diminuita: la domanda è

di circa 60 GW (gigawatt). La potenza elettrica installata in Italia all’inizio 2010 è pari a 94 GW. Quindi non c’è nessun bisogno reale di nuova energia elettrica (per trasporti e riscaldamento usiamo petrolio o gas).

2.. Si dice che le centrali nucleari ci garantiranno l’indipendenza energetica. Falso. Le centrali utilizzano come combustibile l’uranio. Le principali miniere di uranio sono in Australia e in Africa, oggi sotto controllo cinese, o in Ucraina, Uzbekistan, Kazakistan, oggi sotto controllo russo. Quindi il nucleare è una fonte che crea dipendenza da Cina o da Russia.

3.. Ma quanto costa l’energia prodotta dalle centrali? Troppo. Il costo Kwh (kilowatt/ora) del nucleare è maggiore di  quello di ogni altra fonte (i costi ufficiali in centesimi di dollaro sono: nucleare: 10,2 – eolico: 9,9 – carbone: 9,8 – gas: 8,2 ), questo perchè oltre agli investimenti per la costruzione di una centrale, bisogna calcolare anche il costo di smantellamento, che può persino raddoppiare.

4.. Il governo italiano ha previsto 4 nuove centrali nucleari, con un costo di 30 miliardi di lire. Queste 4 centrali, se tutto va bene, entrerebbero in funzione fra 15/20 anni, e produrrebbero il 5% dell’energia nazionale. E’ del tutto evidente la sproporzione tra investimento e risultato. Il 5% è quanto si può ottenere da subito con una seria politica di risparmio e di efficienza degli impianti già esistenti.

Bastano queste 4 cifre per dimostrare che il nucleare in Italia non ha senso e serve solo ad assicurare affari ad un ristretta lobby. A questo aggiungiamo che il governo propone il nucleare senza aver presentato al paese un serio piano energetico (fabbisogno, previsioni, consumi, costi, ecc.) e che il problema delle scorie radioattive non è ancora stato risolto.

La conclusione è semplice, ed è la stessa di tanti anni fa: Energia nucleare? No, grazie.

 

 

» Consumi energetici, con l’efficienza potremmo ridurli di tre quarti .» 120 Km contro il nucleare! .» Autarchia energetica .» Il 75% degli italiani è contro il nucleare! .» “AAA – Lavoro verde cercasi…”

 

La pace è una bambina…

Voglio condividere oggi un po’ del materiale che utilizzo nei miei Laboratori sui temi della Pace e della Nonviolenza, mettendolo a disposizione degli insegnanti o educatori che intendano trattare questa prospettiva a scuola in occasione della Marcia mondiale per la Pace.

 

SI ALLA GIOIA E ALLA PACE di Manuel 5D-1.jpg

Questo materiale va ad aggiungersi a tutto quello che ho già caricato fino ad ora nella sezione Strumenti per la didattica.

 

Iniziamo con le parole splendide scritte qualche anno fa da una bambina delle elementari, che per la loro purezza e semplicità sono assolutamente spiazzanti…

 

 

 

La pace

La pace è una bambina
che non chiede cose matte:

svegliarsi ogni mattina,
non col sangue, ma col latte.


Valentina, 8 anni

 

 

 

Continuiamo ora con una geniale vignetta del grande Quino che io uso sempre per invitare a riflettere sulla assoluta inutilità della violenza e delle prepotenza.

 

nonviolenza.jpg

Qui potete scaricarla in alta definizione, gà pronta per la stampa.

 

 

Anche la poesia può darci spunti profondi, come nel caso di queste due splendide liriche di uno dei più grandi poeti di sempre, Bertold Brecht:

 

 

La guerra che verrà


La guerra che verrà

non è la prima. Prima

ci sono state altre guerre.

Alla fine dell’ultima

c’erano vincitori e vinti.

Fra i vinti la povera gente

faceva la fame. Fra i vincitori

faceva la fame la povera gente egualmente.

 

 

 

Mio fratello aviatore


Avevo un fratello aviatore.

Un giorno, la cartolina.

Fece i bagagli, e via,

lungo la rotta del sud.

Mio fratello è un conquistatore.

Il popolo nostro ha bisogno

di spazio; e prendersi terre su terre,

da noi, è un vecchio sogno.

E lo spazio che s’è conquistato

è sui monti del Guadarrama.

E’ di lunghezza un metro e ottanta,

uno e cinquanta di profondità.

 

 

Per chi volesse sviluppare una riflessione sulla pace in prospettiva interculturale attraverso il linguaggio della poesia consiglio di leggere il ricchissimo libro “Poesia e intercultura” dell’amico padre Arnaldo De Vidi, edito dalla EMI.

 

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“Io non ho inventato niente di nuovo. _

La nonviolenza è antica come le montagne” _


M.K.Gandhi__