I diritti umani sono universali?

Esattamente 63 anni fa, il 10 dicembre 1948, veniva firmata a Parigi la Dichiarazione universale dei Diritti umani, un documento la cui redazione fu promossa dalle Nazioni Unite, appena nate, perché avesse applicazione in tutti gli stati membri.

Da allora molti passi avanti sono stati fatti, ma il cammino per la piena realizzazione di questa Dichiarazione, come sappiamo, è ancora lungo e richiede un impegno da parte di ciascuno di noi.

Per ricordare questo storico evento, vorrei oggi condividere una breve riflessione tratta dal mio libro “Non è vero che tutto va peggio“, scritto insieme a Jacopo Fo:

“Si è molto discusso in questi anni sull’universalità dei diritti umani, sostenendo che essa sarebbe solo presunta poiché essi sarebbero viziati alla nascita e non esprimerebbero che la visione di una sola cultura, quella “occidentale”.

Eleanor_Roosevelt_and_Human_Rights_Declaration.jpgIo non condivido questo dubbio perché ritengo che i diritti umani vengano ancora prima del livello culturale; essi rappresentano molto semplicemente i più elementari “bisogni” dell’uomo, e sono dunque validi a qualunque latitudine egli si trovi e in qualunque epoca egli viva.

Credo che questa riflessione di Umberto Eco possa risultare illuminante al riguardo:

“Siamo animali a postura eretta, per cui è faticoso rimanere a lungo a testa in giù, e pertanto abbiamo una nozione comune dell’alto e del basso, tenendo a privilegiare il primo sul secondo. Parimenti abbiamo nozioni di destra e di sinistra, dello star fermi o del camminare, dello star ritti o sdraiati, dello strisciare o del saltare, della veglia e del sonno. Siccome abbiamo degli arti, sappiamo tutti cosa significhi battere una materia resistente, penetrare una sostanza molle o liquida, spappolare, tamburellare, pestare, prendere a calci, forse anche danzare.
La lista potrebbe durare a lungo, e comprende il vedere, l’udire, mangiare o bere, ingurgitare o espellere. E certamente ogni uomo ha nozioni su cosa significhi percepire, ricordare, avvertire desiderio, paura, tristezza o sollievo, piacere o dolore, ed emettere suoni che esprimano questi sentimenti.
Pertanto (e già si entra nella sfera del diritto) si hanno concezioni universali circa la costrizione: non si desidera che qualcuno ci impedisca di parlare, vedere, ascoltare, dormire, ingurgitare o espellere, andare dove vogliamo; soffriamo che qualcuno ci leghi o ci costringa in segregazione, ci percuota, ferisca o uccida, ci assoggetti a torture fisiche o psichiche che diminuiscano o annullino la nostra capacità di pensare.
Dobbiamo anzitutto rispettare i diritti della corporalità altrui, tra i quali anche il diritto di parlare e pensare. Se i nostri simili avessero rispettato questi ‘diritti del corpo’ non avremmo avuto la Strage degli Innocenti, i cristiani nel circo, la notte di San Bartolomeo, il rogo per gli eretici, i campi di sterminio, la censura, i bambini in miniera, gli stupri della Bosnia”.


(Umberto Eco, In Che cosa crede chi non crede?, Atlantide Editoriale, Roma 1996; ora in Cinque scritti morali, Bompiani, Milano 1997.)


Ma anche facendo un’analisi antropologico-culturale, che vada al di là dei più banali stereotipi sulle diverse culture, scopriamo che i loro valori di fondo sono sempre gli stessi.

Quella che segue è la conferma che l’etica laica di cui parla Umberto Eco, alla base dei diritti umani, è patrimonio comune di tutti i popoli!

regola d'oro,intercultura,religioni,diritti umani,fedi,etica universaleBuddhismo (Udanavarga 5, V,18)
Non offendete gli altri con quello che offende pure voi.

Cristianesimo (Matteo 7,12)
Tutto quello che volete che gli altri facciano a voi, fatelo voi a loro: questa è la Legge ed i Profeti.

Confucianesimo (Analecta XV,23)
Vi è qualche massima che si dovrebbe applicare per tutta la vita? Certamente, la massima della gentilezza amorevole che consiste di non fare agli altri quello che non si vorrebbe venisse fatto a voi

Ebraismo (Talmud)
Ciò che offende voi non fatelo al vostro prossimo. Questa regola riassume tutta la “Torah”.

Induismo (Mahabharata V,1517)
Quest’è il dovere: non fare agli altri quello che se fosse fatto a te, ti darebbe dispiacere.

Islamismo (Detti di Maometto)
Nessuno è un vero credente fino a quando non desidera per il suo prossimo quello che desidera per sé stesso.

Jainismo (Jogashastra II,20)
Nella felicità e nella sofferenza, nella gioia e nel dolore dobbiamo considerare tutte le creature come consideriamo noi stessi, dobbiamo perciò astenerci dall’infliggere agli altri qualsiasi offesa che sarebbe indesiderabile se fosse inflitta a noi stessi.

Sikhismo (Kabir)
Come consideri te stesso, così considera gli altri.

Taoismo (T’ai shan kan Ying p’ien)
Considera il guadagno del tuo prossimo come fosse il tuo guadagno e considera la perdita del tuo prossimo come fosse la tua perdita.

Zoroastrismo(Dadistan-i-dinik XCIV,5)
Solo quella natura è buona che non restituisce agli altri quello che non fa piacere a lei stessa.

Questo tuttavia non significa che dalle varie culture non possano venire contributi anche significativi, complementari alla Dichiarazione dei Diritti dell’Onu.

Un esempio molto interessante è rappresentato dalla Carta Africana dei Diritti dei Popoli, che porta l’attenzione anche sui diritti collettivi, oltre che su quelli dell’individuo e che può dare per questo un’importante contributo non solo a livello del continente ma dell’intero pianeta, dinanzi alle sfide globali che esso si trova ad affrontare, come – ad esempio –la questione dell’acqua come diritto.”


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