La sincerità è pace fra i nostri desideri e le nostre azioni

“E’ interessante osservare che il termine “sincero” deriva dal latino “sine-cera”, cioé senza cera, con riferimento allo scultore che non usava la cera per mascherare i difetti delle proprie opere.
Quindi sincero è chi non nasconde nulla, per cui non ha nulla da temere.

cuore-cervello-paceIl ché non è poca cosa, poiché come osserva Edmund Burke: “Nessuna passione priva la mente così completamente delle sue capacità di agire e ragionare quanto la paura”.

Ma l’unico modo per non nascondere nulla è non avere nulla da nascondere.

Mi emoziona sempre, rivedendo il film di Gandhi, la scena in cui lui -ancora in Sudafrica- nel teatro stracolmo per l’assemblea contro la legge ingiusta sui lasciapassare, si rivolge alle forze di polizia inglesi presenti nella sala dicendo loro: “Noi non abbiamo nulla da nascondere”.

Chi coltiva in cuor suo questa purezza di intenti non può sbagliare!
Non può sbagliare semplicemente perché c’è in lui coerenza fra ciò che desidera e le azioni che mette in campo per ottenerlo. Quindi non ha spazi interiori di distrazione che possano permettere lo sbaglio.

Mentre invece lasciandosi guidare sinceramente dal suo desiderio è nella condizione migliore per “errare”, cioè, come detto, per conoscere mediante l’esplorazione e l’esperienza diretta.”

 

(estratto dal mio nuovo libro “Sbagliando non si impara”, in uscita a metà gennaio per l’editrice EMI.)

Lingua mooré: a scuola di vita…

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“In Africa quando muore un anziano brucia una biblioteca”  ..

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Amadou Hampâté Bâ  ..

 


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Forse molti conoscono questa celebre frase di Hampâté Bâ, un grande poeta del Malì, che riassume splendidamente l’importanza dell’oralità nelle culture africane.

La parola infatti è tutto nella comunità di villaggio!

 

E’ attraverso la parola che si prendono le decisioni comuni e si trasmette tutto il sapere antico, le conoscenze, la cosmogonia, la saggezza degli anziani che parlano ogni sera in un cerchio, intorno al fuoco, con i bambini che ascoltano attenti i loro racconti.

 

E anche le donne, che difficilmente prendono la parola in un’assemblea, hanno un loro spazio per esprimersi in una maniera più intima ma non per questo meno profonda ed incisiva: dice un proverbio moagà … “la Barba decide al mattino ciò che la Treccia ha suggerito durante la notte”!

 

Ma quanto ne sappiamo di questa parola? Di queste lingue africane che sono l’espressione di un popolo e lo specchio della sua cultura?

 

Vorrei analizzare solo alcune espressioni in lingua mooré, la lingua dei mossì etnia principale del Burkina Faso, per vedere come queste ci mettono in discussione e ci aprono nuove prospettive e chiavi di lettura.

 


Quale sviluppo? Somwata!


Consideriamo la traduzione che propone Bernard Lédéa Ouedraogo per la parola “sviluppo” in lingua mooré:

 


“Se si dovesse tradurre il termine “sviluppo” in lingua mooré,
nel linguaggio dei contadini, si impiegherebbe l’espressione
“somwata” che significa: “le buone relazioni e i benefici aumentano”.
Non è forse abbastanza chiaro? “

 

Uno sviluppo inteso non come raggiungimento del benessere economico – cioè come crescita materiale – ma di un benessere globale, che privilegia le relazioni sociali e l’armonia della comunità.

 

Se prendessimo questa concezione dello “sviluppo” come metro di riferimento, chi risulterebbe “sottosviluppato”?
Gli africani che dedicano tanta attenzione ai rapporti sociali o noi che salutiamo a fatica i nostri vicini di casa?
Un mio amico italiano mi ha detto: “Se è davvero così, allora sono loro che devono venire da noi a fare “progetti di sviluppo”, per insegnarci a riscoprire la ricchezza dei rapporti umani!”

Forse non ha tutti i torti.

 


Quale benessere? Lafi!


Ma c’è un’altra espressione in lingua mooré su cui vale la pena riflettere: “lafi, onnipresente nei saluti, che significa al tempo stesso “salute fisica”, “pace interiore” e “pace” nella comunità e nel paese, intesa come assenza di guerra o conflitti interni.

Non esistono tre parole distinte per esprimere questi concetti che risultano quindi legati indissolubilmente in una concezione del “benessere” che racchiude gli aspetti sia fisici che psichici e morali, e non può esistere se non è condiviso dalla intera comunità in cui viviamo.

 

Quanto siamo lontani dalla cultura consumistica che ha creato una società dell’abbondanza con una concezione del ben-essere (o meglio “ben-avere”!) esclusivamente individualistica e materiale, che però si scopre sempre più insoddisfatta e stressata.

 

E’ interessante notare come nella società tradizionale moagà esistesse una figura particolare, il “saaba” (fabbro) che particolarmente temuto per la sua capacità di domare il fuoco, fosse responsabile del mantenimento della pace nel villaggio; tutto ciò ben prima della creazione di mediatori di pace, forze di interposizione e caschi blu vari…

 


Chi gestisce il potere? Nàaba


Presso i mossì il potere (naam) viene normalmente gestito dagli anziani in funzione della loro età e dello status sociale della famiglia cui appartengono.

L’anziano non è però espressione di un potere personale fine a se stesso, ma rappresenta la parola degli antenati, che deve far rispettare, e conseguentemente la legge e la legittimità del gruppo.

 

Possiamo osservare come, in lingua moré, il termine “Nàaba” abbia contemporaneamente il significato di “capo” e di “servitore”.

 

Secondo la tradizione, inoltre, il potere di un capo è sancito dalla totale mancanza di beni materiali: chi possiede tutto, non ha bisogno di possedere niente.

 

Una leggenda moagà racconta di tre fratelli che si videro distribuire ciascuno una borsa che conteneva il simbolo della loro attività futura.
La borsa del primo fratello conteneva grani di miglio, ed egli infatti divenne agricoltore. La borsa del secondo fratello conteneva ferro, e questi divenne fabbro. La terza borsa, infine, non conteneva nulla: il terzo fratello divenne infatti un capo.

 

Quanti nàaba, intesi in questo senso, riusciremmo a trovare in Italia?

Quanti candidati avremmo alle elezioni se questi dovessero essere servitori in un’ottica che ci ricorda Gandhi, e poveri come San Francesco d’Assisi?

 



Brano estratto dal libro “DUDAL JAM, A scuola di pace”, Edizioni EMI, 2010.

Quattro serate per pace e nonviolenza

Domani, 2 ottobre, in occasione del 140° anniversario della nascita di Gandhi e del 100° anniversario della sua incarcerazione in Sud Africa, parte  a livello globale la Marcia Mondiale per la Pace e la Non-Violenza che attraverserà 5 continenti, 90 paesi e 160.000 km di strada.

 

marcia_pace.jpgMilioni di persone in tutto il mondo saranno in cammino in quella che si prevede essere la più grande marcia della storia, per creare un futuro di Pace.


La Marcia passerà anche dall’Italia, dove sono in programma molte iniziative pubbliche a cui hanno già aderito numerose personalità dello spettacolo e della cultura.

 

Anche la società civile faentina farà sentire la sua voce con 4 serate (un film, un documentario, una conferenza e uno spettacolo) dedicate alla promozione della cultura nonviolenta e al tema della pace.

Il 2 ottobre alle 20.45 verrà proiettato il film “Joeux Noel” presso la Sala delle Associazioni (via Laderchi 3/A). Io sono stato invitato a introdurre il film,

 

Il 7 ottobre alle 20.30 presso il circolo Anspi di Fognano verrà proiettato il filmato “Una forza più potente: esperienze di resistenza nonviolenta nel XX secolo”.

 

Il 9 ottobre alle 20.45 presso la Sala San Carlo si terrà una conferenza del prof. Fulvio Manara (Università di Bergamo) sul tema “Economia e Nonviolenza”.

 

Il 16 ottobre alle 20.45 presso il cinema Fellini si terrà una serata sul tema “Giustizia e Nonviolenza” con musiche di De Andrè (a cura del Gruppo di Continuità) e letture di testi di Gandhi e altri autori nonviolenti.

Le serate sono organizzate e promosse da Comitato Spontaneo per la Pace Faenza, Centro Documentazione don Tonino Bello, Centro Diocesano Pastorale Sociale, Caritas, Mani Tese, Amici Mondo Indiviso, Pax Christi, Teatro Due Mondi, Parrocchia di Fognano – Circolo Anspi.

 

-100… si avvicina la partenza della Marcia Mondiale per la Pace e la Non-Violenza

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Il conto alla rovescia è iniziato!

 

Mancano solo 100 giorni alla partenza della Marcia Mondiale per la Pace e la Non-Violenza.

 

Dal 2 ottobre, anniversario della nascita di Gandhi, al 2 gennaio 2010, milioni di persone in tutto il mondo saranno in cammino in quella che si prevede essere la più grande marcia della storia, per creare un futuro di Pace.

 

 

La Marcia passerà anche dall’Italia, dove sono in programma molte iniziative pubbliche a cui hanno già aderito numerose personalità dello spettacolo e della cultura.

 

Scopri nel sito della Marcia come sostenere o collaborare a queste iniziative.

Io ho già aderito e offerto la mia disponibilità a diffondere e partecipare a iniziative pubbliche di sensibilizzazione.

 

Prepariamoci a marciare tutti insieme. Sono certo che il Mahatma sarà al nostro fianco lungo il cammino.

Buon compleanno Mahatma!

“Siate voi il cambiamento che vorreste vedere nel mondo”aa

 

(M. K. Gandhi)aa

 

 

Il 2 ottobre 1869 nasceva in India, a Pordbandar, una città di pescatori nell’attuale Stato di Gujarat, Mohandas Karamchand GANDHI, soprannominato “Mahatma” (la Grande Anima).

 

In sua memoria il 2 ottobre è stato recentemente dichiarato dalle Nazioni Unite “Giornata Mondiale della Nonviolenza”.

 

La figura di Gandhi è un esempio luminoso di quanto può fare l’uomo per amore della verità, della giustizia e della pace.

 

“E’ nostro impegno assicurare che i diritti proclamati nella Dichiarazione Universale diventino una realtà viva, che siano conosciuti, compresi e goduti da tutti e ovunque” – ha dichiarato il segretario Generale dell’Onu Ban Ki-Moon – “proprio per questo l’eredità del Mahatma Gandhi è oggi più importante che mai”.

 

Cerchiamo dunque di farla conoscere a tutti, questa eredità, specialmente ai nostri giovani che hanno un grande bisogno di esempi e modelli positivi a cui ispirarsi!