Il razzismo non è innato

Come hanno dimostrato gli scienziati americani Robert Kurzban, John Tooby e Leda Cosmides nei loro studi sperimentali sulla formazione e sullo sviluppo delle coalizioni, le classificazioni sono basate su qualsiasi segno distintivo che aiuta il formarsi di coalizioni.
Non seguono affatto una classificazione in “razze”, se non quando questa viene rinforzata o presentata come l’unica disponibile.
Quando gli indicatori di un’affiliazione in coalizioni non seguono o non corrispondono più alle distinzioni razziali, i soggetti diminuiscono chiaramente la propensione a classificare gli altri secondo le razze, fino a smettere di farlo del tutto.
Bastano quattro minuti di esposizione a un mondo sociale alternativo per sgonfiare la tendenza a classificare in razze.
E’ un risultato straordinariamente importante. Non esiste un razzismo innato.
Non siamo affatto dei classificatori meccanici di individui in “razze”.
Ci sono conseguenze pratiche: possiamo immaginare dei correttivi che approfittano degli stessi meccanismi classificatori che presiedono al riconoscimento delle alleanze per aiutare il formarsi di una coalizione che domini le differenze somatiche.
Sicuramente una misura da evitare è la costruzione di barriere supplementari tra gli individui (come classi monoculturali), barriere che rendono gli individui più diversi del necessario, rafforzando l’impressione di una differenza profonda.

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